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Altro che Autonomia, colpo di grazia al Servizio sanitario

Altro che Autonomia, colpo di grazia al Servizio sanitario

08/04/2023

da La Notizia

Nicola Scuderi

 

I benefici sono solo per le regioni ricche. E la Fondazione Gimbe boccia la legge Calederoli

Autonomia differenziata, il colpo di grazia alla Sanità. I benefici sono solo per le regioni ricche. E Gimbe boccia la legge Calederoli.

Sappiamo bene che la Sanità pubblica in Italia è un malato grave e per questo dal governo di turno ci si aspetta sempre una cura miracolosa. Non fa eccezione l’esecutivo di Giorgia Meloni che chiamato a dare una svolta al settore, tanto più per la presenza dei fondi del Pnrr che potrebbero davvero fare la differenza, anziché predisporre una ‘terapia’ adeguata – a suon di investimenti e assunzioni – sembra fare di tutto per rendere ancor più grave la malattia della Sanità pubblica.

Già perché malgrado ci ripetono da anni che in fatto di tutela della salute esiste un divario crescente tra nord e sud, anziché ridurlo si sta pensando di ingrandire il gap con il decreto Calderoli sull’autonomia differenziata. A dirlo non è un politico dell’opposizione o qualche prezzolato giornalista ma un esperto come Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che prevede tempi duri per l’intero settore in quanto “stiamo andando di fatto verso una Sanità a doppio binario” con l’aggravante “che le regioni più povere, ossia quelle del Centro Sud, rischiano di diventare clienti di quelle del centro nord”.

Situazione drammatica

Eppure la Costituzione, all’articolo 32, garantisce il diritto alla tutela della salute su tutto il territorio nazionale. Proprio per questo , come spiega lo stesso presidente di Gimbe il nostro “servizio sanitario nazionale è basato sui principi di equità, di uguaglianza e di universalità” ma ora a queste parole chiave se ne stanno sostituendo altre ossia “la rinuncia alle cure, la fuga verso il privato, la mobilità sanitaria e l’impoverimento” del sistema.

Tutta una serie di problematiche che si ripercuotono sui pazienti, finendo per corrodere irrimediabilmente la sanità pubblica, ma contro cui il governo di Centrodestra sembra fare poco e niente. Anzi stando a quanto sostengono il ministro Roberto Calderoli e la premier Meloni, la situazione appare destinata a peggiorare perché il decreto autonomie prevede, anche in materia di sanità, che le regioni abbiano “una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi”.

Si tratta di belle parole che, però, non la dicono tutta su cosa sta davvero avvenendo. Le regioni più ricche, le quali hanno già ora ospedali migliori, finiranno per avere più fondi da investire nel settore mentre quelle più povere, concentrate al Centro-Sud, non saranno in grado di rispettare i Livelli essenziali di assistenza (Lea) ossia, come si legge sul sito del ministero, “le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse)”. Che questo sia l’andazzo lo spiega Cartabellotta secondo cui il decreto Calderoli, con l’autonomia differenziata, presenta enormi criticità e rischia di dare “il colpo di grazia al Sistema sanitario nazionale.

“L’Italia è un Paese spezzato in due rispetto a quello che riguarda la performance nella erogazione dei livelli essenziali di assistenza con tutte le regioni del Centro Sud, a parte la Basilicata che peraltro nell’ultimo anno ha peggiorato le proprie performance, che sono in piano di rientro e due, ossia Molise e Calabria, che sono commissariate” spiega il presidente di Gimbe. Carenze per le quali si viene a creare “una mobilità sanitaria verso le regioni del nord. E non è un caso che le tre regioni che hanno già avanzato e siglato con il governo gli accordi per le autonomie differenziate siano Lombardia, Emilia Romagna e Veneto” visto che sono quelle che “nel 2020 hanno fatto il 94% del saldo attivo della mobilità”.

Con il decreto Calderoli questa dinamica è destinata ad enfatizzarsi ulteriormente visto che l’autonomia “finirà per mettere più benzina in macchine che corrono molto più veloce e sono molto più avanti delle altre, lasciando indietro tutte le altre regioni”. Insomma “così come scritto il decreto Calderoli rischia di dare il colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale” proprio per questo “la nostra richiesta è quella di espungere la materia della Sanità da quelle che saranno inserite nella legge sull’autonomia differenziata”.

Se non lo si facesse, puntando a un rilancio della Sanità pubblica, secondo Gimbe il Governo non potrà fare altro che “prendersi la responsabilità di dire che stiamo privatizzando” il settore “e guidare questa privatizzazione in maniera strutturata col pubblico”. Ma l’amarezza maggiore è che tutto ciò si sarebbe potuto evitare visto che i fondi per risollevare il settore ci sono e sono contenuti nel Pnrr. Per questo, conclude Cartabellotta, “il Pnrr è un organo prezioso da trapiantare in questo sistema” sanitario pubblico. Peccato che, a quanto pare, il governo sembri pensarla diversamente.