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11.01.2021
da Left
Giuli Cavalli
Accade che un social network decida di intervenire per contravvenzione delle regole (spesso scritte anche nel codice penale) e si riparte con la solfa della mancata libertà e così via… Ma davvero il problema sono i social?
Ne avevamo parlato già qualche tempo fa, proprio sulle pagine del buongiorno, di questa continua rivendicazione di “avere il diritto di avere opinioni false, pericolose e di incitazione alla violenza” sui social network. È la distorsione della realtà di alcuni pezzi (soprattutto della destra in giro per il mondo) che vorrebbero essere liberi di essere ad esempio fascisti, come accade qui da noi, in nome di una presunta “libertà di pensiero” che sostanzialmente consiste nel diritto di essere “illegali”. Poi accade che un social network qualsiasi (può essere Facebook, Twitter, o chiunque altro) decida di intervenire per contravvenzione delle regole (regole tra l’altro che spesso sono scritte anche nel codice penale) e si riparte con la solfa della mancata libertà e così via.
Ora accade che il presidente degli Usa Trump abbia per mesi fomentato la violenza veicolando messaggi falsi, irresponsabili e portatori d’odio e che quel suo rimestare la melma abbia acceso la miccia per l’assalto a Capitol Hill che ha provocato morti e feriti. I proprietari dei social che il presidente Usa ha utilizzato come megafono della sua irresponsabilità hanno deciso, in base alle proprie regole, di impedirgliene l’uso e si leva il coro sdegnato di chi pensa che ci sia in atto “un attacco alla libertà”. Badate bene: l’attacco alla libertà non è l’assalto al Congresso, no, ma un account che viene silenziato. E già questo lascia perplessi.
Vale la pena fare qualche considerazione: