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L’8 marzo, giornata internazionale delle donne, costituisce un appuntamento che quest'anno, per le donne di tutto il mondo, è segnato dalla pandemia di Covid-19. Per le donne italiane si presenta anche con la novità di un nuovo Governo appena insediato.
Di fronte a noi troviamo gli storici problemi che, di anno in anno, hanno segnato la vita delle donne e dunque le lotte dell’UDI, e quelli inediti, o il modo inedito in cui si sono presentati, che abbiamo imparato ad affrontare in questo ultimo, difficile anno. Tra questi non ci può non preoccupare la frattura sociale tra persone garantite e meno garantite, ma ancora di più tra generazioni.
Sul fronte dell'occupazione femminile siamo preoccupate vedendo l'aggravarsi di una situazione, che già si presentava in Italia ben poco positiva. In quest'ultimo anno sono peggiorate le condizioni lavoratrici e lavoratori di qualunque tipologia e categoria.
Siamo tutti e tutte nello stesso mare in burrasca, ma le barche con cui lo affrontiamo non sono le stesse. Il divario occupazionale per le donne, si è ulteriormente aggravato: le donne occupate sono meno del 50% ed il divario tra uomini e donne occupati rimane uno dei più alti d'Europa.
Molte lavoratrici dipendenti, sia pubbliche che private, ma anche le professioniste, si sono improvvisamente dovute cimentare in emergenza con la nuova organizzazione del lavoro costituita dallo smart-working.
Molte lavoratrici sono passate, da un'occupazione, ad un lunghissimo periodo di cassa integrazione con riduzioni consistenti dei salari e spesso con ritardi nell’erogazione, mentre per molte non c'è nemmeno la certezza di poter tornare al lavoro.
Il confinamento dovuto alla pandemia ha messo in evidenza il valore sociale del lavoro di cura, spesso svolto dalle donne, ma ha anche messo drammaticamente in luce la scarsa condivisione del lavoro domestico e le carenze dei sistemi di welfare.
In tutto questo ultimo anno con più chiarezza si è constatato quello che tante volte abbiamo denunciato: l'assenza o la grave carenza di una medicina territoriale preventiva. La stessa difficoltà di far avanzare rapidamente il piano di vaccinazione si scontra con queste carenze.
La violenza degli uomini contro le donne ed i femminicidi, ma anche la violenza contro bambine e bambini, ha subito una recrudescenza tale che non può non preoccuparci.
Si sono aggravati gli attacchi all'autodeterminazione delle donne con lo scopo di impedire l'applicazione della legge 194. L’attacco all’aborto farmacologico, aggrava, in piena pandemia, le difficoltà delle donne nel far valere i loro diritti.
Di fronte a tutto questo e non solo a questo, la nostra iniziativa politica si deve rafforzare e, nonostante il periodo ancora molto difficile, trovare un nuovo slancio.
Non abbiamo più bisogno di politiche "creative", ma di interventi strutturali ed organizzati.
Di fronte ai fondi previsti del Recovery fund (il Next Generetion EU) non vogliamo che si inseriscano solo misure specifiche per le donne, ma chiediamo che di tutto il Piano, per ogni intervento, sia fatta una valutazione ex ante, in itinere e post in ogni suo asse, ambiti di sviluppo e progetti, in merito a come e quanto gli investimenti incidano sulla vita reale, sul lavoro, sullo sviluppo sociale per donne e uomini.
Le prime proposte in ordine ai problemi occupazionali delle donne non ci tranquillizzano. Ci sembrano ancora una volta una serie di misure (per ora solo annunciate) frammentate e a volte chiaramente da rigettare: quale la gender tax che prevedrebbe di detassare il reddito del secondo coniuge assunto. Per il resto siamo ai soliti annunci.
Centrale nel progetto di rinascita vogliamo oltre il lavoro, la piena autodeterminazione nella maternità e più welfare: nidi e scuole per l’infanzia in quantità adeguata da nord a sud, investimenti necessari per superare i bassi tassi di natalità nel Paese.
Teniamo ferme le parole d’ordine di questo 8 marzo, donne, memoria e futuro, non stancandoci di difendere i diritti che ci siamo conquistate, e, nello stesso tempo pretendendo che questi diritti e la nostra cittadinanza nel mondo non siano costantemente minacciati.
OTTO MARZO duemila21