Il decreto sulle armi (con l’elenco secretato) da inviare all’Ucraina viola la Costituzione o pone l’Italia nella lista dei paesi – come Usa e Gran Bretagna – che si sono esposti al rischio di essere considerati cobelligeranti nella guerra tra Ucraina e Russia scatenata dall’invasione di Mosca? Dopo la decisione del Parlamento tedesco di inviare armi pesanti a Kiev, a dispetto di quelle che era apparsa la linea del cancelliere Olaf Scholz, abbiamo chiesto a due costituzionalisti una riflessione sul concetto di ripudio alla guerra recitato nell’articolo 11 della Legge fondamentale dello Stato. La premessa per entrambi è che la Federazione russa ha aggredito un paese sovrano compiendo una gravissima violazione del diritto internazionale.
Per Roberta Calvano, ordinaria di Diritto costituzionale all’Unitelma Sapienza, “la situazione della Germania ci indica una strada che sarebbe stato preferibile seguire ovvero il coinvolgimento delle Camere, ben oltre lo spazio attribuito al dibattito parlamentare dei primi di marzo: la situazione è oggi molto diversa e sarebbe stata opportuna l’indicazione precisa e dettagliata da parte del Governo di ciò che si invia e una approfondita disamina della situazione, nella massima trasparenza e democraticità. Da questo punto di vista, il dibattito parlamentare tedesco è la via che sarebbe stata preferibile, così come va segnalato come in altri paesi europei non vi sia segreto sul contributo fornito alla difesa dell’Ucraina.
Non si comprende perché l’Italia debba applicare principi diversi che ci allontano dalle democrazie parlamentari“. Sulla possibile incostituzionalità del decreto – e in tal proposito per esempio il Codacons ha annunciato il solito ricorso al Tar – Calvano ricorda che l’articolo 78 (cioè la deliberazione dello stato di guerra da parte delle Camere, ndr) è una norma che non è mai stata applicata e “e sicuramente da non invocare”, proprio perché auspica che sia percorsa la “via della trattativa e del dialogo, della ricerca di una soluzione diplomatica”.
L’articolo 11 (sul ripudio della guerra, ndr) “ci aiuta di più a valutare la situazione delle misure adottate, nel senso che il ripudio della guerra e il riferimento ad essa, unicamente come strumento difensivo, ci riporta alla soluzione diplomatica.
La netta violazione dell’articolo 11 la possiamo individuare se ci collochiamo al di fuori del quadro della carta delle Nazioni Unite“. La costituzionalista spiega che la carta “prevede il divieto dell’uso della forza per la soluzione delle controversie internazionali, norma ormai largamente violata e disapplicata da tanti anni e in più contesti, ma anche la possibilità di esercitare la legittima difesa di un paese invaso. Se noi restiamo nell’alveo di questo principio (posto nell’articolo 51 Carta ONU) possiamo ancora ritenerci rispettosi dell’articolo 11″. Qualcosa di diverso, perché tracima da questo argine, è individuato invece dalla giurista nelle dichiarazioni di vertici istituzionali statunitensi – il presidente Biden in testa – secondo cui l’obiettivo “non sarebbe la difesa dell’Ucraina ma un cambiamento di regime o addirittura di un sovvertimento della situazione politica russa”.
Se aderissimo a questa posizione allora saremmo fuori dall’articolo 51 ONU e in “rotta di collisione” con l’articolo 11 Costituzione.