A Taranto non si riparte, a Terni una sola linea – E a Taranto? Per ora, hanno fatto sapere i sindacati, è slittata la ripartenza degli impianti Afo2 e Acciaieria 1 . In attesa di capire quanto ancora durerà la fermata – che avrebbe dovuto concludersi il 31 agosto – l’ad Lucia Morselli secondo l’Usb ha “dato disposizione di spegnere gli impianti di condizionamento in tutte le palazzine della fabbrica, tranne che in quelle degli impianti di produzione (pochissimi quelli ancora in marcia). Decisione questa presa per ridurre il costo dell’energia elettrica”. A Terni intanto il produttore di laminati in acciaio Ast ha riaperto dopo la pausa estiva con una sola linea nell’area a caldo . A Potenza l’impianto del gruppo siderurgico Pittini è slittato di una settimana. Per la Ivv , storica azienda di produzione del vetro a San Giovanni Valdarno (Arezzo), il cda potrebbe deliberare la sospensione della produzione a partire da metà settembre fino al 31 dicembre. A Catania le acciaierie che fanno capo ad Alfa Acciai sono state chiuse per cinque settimane: alle due settimane di ferie ne sono state aggiunte tre di solidarietà. In Sardegna, produttore di zinco e piombo controllato da Glencore , attende i provvedimenti attuativi dell’energy release, la misura che consente la vendita a prezzi calmierati di energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta in Italia e acquistata dal Gse. Il ministro della Transizione ecologica Stefano Cingolani ha fatto sapere che arriveranno entro metà settembre, con ampio ritardo.
Cartiere in difficoltà – Se molti produttori di ceramica stanno producendo in perdita per non perdere le commesse, sono in estrema difficoltà le cartiere, che avevano rallentato la produzione già prima dell’estate: la Ico ha annunciato la chiusura della sede di Alanno (Pescara) mettendo a rischio il futuro di 35 dipendenti. Il gruppo trevigiano Pro Gest per ora ha allungato la pausa estiva . Venerdì è arrivato l’annuncio che la fabbrica di Tolentino (Macerata) riaprirà lunedì, una settimana dopo il previsto. “A causa dei prezzi dell’energia e del gas ci troviamo oggi a non poter competere con paesi come la Turchia e gli Stati iberici che non risentono di aumenti di prezzo significativi”, ha spiegato l’amministratore delegato Francesco Zago. In Spagna però, nonostante il price cap varato dal governo Sanchez, i competitor non sembrano in gran forma: il gruppo Saica chiuderà tre fabbriche su quattro a causa dei rincari del gas.
L’appello dei sindacati – Mentre si attende – forse giovedì prossimo – il nuovo decreto aiuti auspicato dalle imprese, i sindacati continuano a chiedere misure straordinarie: per la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti “ci vuole la cassa su modello di quella Covid, fuori dal contatore ordinario e senza pagamento del supplemento normalmente a carico dell’azienda. Ma bisogna pensare anche a un’integrazione per i lavoratori, già penalizzati dalla riduzione del potere d’acquisto con un’inflazione che corre”. “Si rischia il disastro”, aggiunge il segretario confederale Cisl Giulio Romani, “bisogna agire sulla normativa alla base del prezzo dell’energia”. Dalla Fiom con il segretario nazionale Gianni Venturi spiegano che le aziende energivore si confrontano con concorrenti con il costo dell’energia molto più basso come quelle di Spagna e Francia e rischiano di perdere commesse a favore delle imprese straniere che possono fare prezzi più bassi. “Registriamo già riduzione di produzione, fermate di impianti e uso di cig soprattutto nella siderurgia”, aggiunge il numero uno della Uilm, Rocco Palombella . “Dobbiamo essere come sempre pronti a individuare soluzioni sia con la parte datoriale che con il Governo per evitare il disastro sociale annunciato”.
Cosa proponiamo noi?
BASTA GUERRA. Stop all’invio di armi in Ucraina, trattativa, adesione al Trattato per messa al bando delle armi nucleari, superamento della NATO, stop all’aumento e anzi riduzione drastica delle spese militari
Ricompensare e rispettare il lavoro
1. Introduzione di un salario minimo legale di almeno 10 euro lordi l’ora (1600 euro al mese) rivalutato annualmente, per mettere fine al lavoro povero e utilizzare il rialzo di tutti i salari anche come mezzo di politica industriale, per spingere le imprese verso produzioni a più alto valore aggiunto. Riduzione degli orari di lavoro anche per garantire la cura dei diritti plurimi delle persone: lavorare tutti e lavorare meno.
2. Rendere nuovamente il contratto a tempo indeterminato la forma contrattuale standard, in primo luogo abolendo il Jobs Act e tutte le leggi che hanno incentivato la precarietà.
3. Limitare l’uso del contratto a tempo determinato a due soli casi specifici (sul modello della riforma di Yolanda Diaz in Spagna): per circostanze straordinarie legate alla produzione e per motivi contrattuali o di legge.
4. Rafforzamento degli ispettorati del lavoro per far rispettare le leggi sulla sicurezza e i diritti dei lavoratori, con l’assunzione di 10.000 ispettori.
5. Restituzione del collocamento al lavoro al settore pubblico e riduzione del ruolo delle agenzie private.
6. Piano di assunzioni da 1 milione di persone nel pubblico impiego per avvicinarsi alla media europea di impiegati pubblici per abitante, con un impegno particolare in scuola e sanità per ridurre le attese per cure ed esami e l’affollamento nelle classi.
7. Obbligo di applicazione di salari e condizioni contrattuali stabilite dal contratto collettivo di settore anche per i lavoratori interinali.
8. Ripristino della responsabilità in solido del committente per tutti gli appalti di manodopera.
9. Abolizione della legge Fornero per giungere all’età pensionabile di 60 anni o 35 anni di contributi, con tetto massimo alle pensioni alte che pesano molto sulla spesa pensionistica.
10. Inasprimento delle pene per il mancato adempimento degli obblighi relativi al diritto del lavoro e alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, a partire dal DDL “Omicidio e lesioni sul lavoro”.
Ricostruire la nostra industria favorendo un nuovo modello di sviluppo
1. Legge contro le delocalizzazioni industriali per impedire alle multinazionali di chiudere impianti nel nostro paese (a partire dalla proposta GKN presentata in Parlamento).
2. Creazione di un’Agenzia di Pianificazione industriale organizzata per filiere e con rappresentanti politici, industriali e sindacali, al fine di sviluppare una strategia industriale coordinata al servizio degli interessi economici del paese.
3. Investimenti a fondo perduto per accorpamenti di piccole e medie imprese e piani di espansione per mezzo di contratti di programma (utilizzando fondi da abolizione Transizione 4.0).
4. L’investimento nella cultura deve raggiungere almeno l’1% del Pil. I settori della produzione culturale ed artistica devono essere finanziati tramite la fiscalità generale e la fiscalità di scopo. Defiscalizzazione degli investimenti in cultura e Iva al 4% per tutte le opere e le attività culturali. Leggi di sistema per tutti i settori della produzione culturale che rimettano al centro l’intervento dello Stato e il sostegno alle opere e agli autori e non alle grandi imprese.
5. Istituzione di un comitato pubblico per le partecipazioni statali con compiti di indirizzo e monitoraggio delle imprese partecipate, affinché queste operino con obiettivi orientati al bene pubblico.
6. Creazione di istituti di ricerca applicata (Istituti Marconi sul modello del Fraunhofer Tedesco) al fine di accelerare l’innovazione tecnologica delle nostre imprese.
7. Lavorare, anche tramite intervento statale (ad esempio, lo Stato come azionista di maggioranza di alcune aziende manifatturiere strategiche) per la creazione di poli lungo la filiera delle tecnologie rinnovabili (pale eoliche, fotovoltaico, elettrolizzatori), per favorire crescita interna e aggregazioni competitive.
8. Puntare all’avvio di una filiera dedicata al riciclo e al recupero di materiali, in linea con il nuovo pacchetto europeo sull’economia circolare.
9. Creazione di un'industria farmaceutica pubblica che sia in grado di fare ricerca e innovazione nelle aree di interesse a maggior rischio per la salute pubblica, a maggiore contenuto innovativo e in risposta ai bisogni collettivi più diffusi.
10. Istituzione di un fondo per l’automotive per rivitalizzare l’intera filiera verso un modello di mobilità sostenibile, con l’obiettivo di tornare in prima linea nella produzione di auto e mezzi pubblici non inquinanti e relative tecnologie.