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POLITICA NAZIONALE | POLITICA ITALIANA
05/10/2022
da Contropiano
di Sergio Cararo
Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha confermato davanti al Copasir i contenuti del quinto decreto interministeriale che autorizzerà l’invio di altri mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari all’Ucraina in guerra con la Russia. Il decreto dovrebbe essere firmato entro la fine di questa settimana. Il provvedimento verrà dunque adottato dal governo dimissionario presieduto ancora da Draghi in attesa dell’insediamento del prossimo esecutivo che dovrebbe vedere Giorgia Meloni, come nuovo presidente del Consiglio.
Ma i due erano e sono sostanzialmente d’accordo sulla linea guerrafondaia da seguire in Ucraina. L’obbedienza ai diktat della Nato non viene messa in discussione dai tecnocrati nè dalla destra nè dal Pd.
Il governo, come noto, è stato autorizzato proprio dalla stragrande maggioranza di Camera e Senato, nella scorsa primavera, a inviare armi in Ucraina senza dover necessariamente passare da un voto per ogni nuovo decreto, almeno fino alla fine di quest’anno.
La decisione italiana di inviare altre armi in Ucraina si è beccata un ironico tweet dell’ambasciata russa a Roma, pubblicato poche ore dopo l’audizione del ministro Guerini al Copasir e che somiglia molto ad una risposta di Mosca al decreto: “Le forniture di armi all’Ucraina non aiutano a risolvere il problema del caro-bollette”, si legge nel tweet.
I membri del Copasir, oltre ad audire il ministro Guerrini, hanno espresso parere favorevole all’unanimità a due schemi di decreto relativi all’impiego di forze speciali della Difesa all’estero e al contrasto in ambito cibernetico (una novità del decreto Aiuti bis), oltre a uno schema di regolamento relativo alle operazioni sotto copertura. L’emendamento contenuto nel decreto “Aiuti bis” prevede che l’Aise (i servizi segreti per le operazioni all’estero, ndr) possa “impiegare proprio personale” al fine di “attività di ricerca informativa e operazioni all’estero”. Il tutto deve essere previsto da un regolamento per disciplinare “il procedimento di autorizzazione all’impiego, del presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità delegata, ove istituita, nonché le relative modalità, condizioni e procedure, anche con riferimento alla specialità dei profili economici attinenti all’impiego del personale”.
Occorre inoltre rammentare che contingenti militari italiani sono già stati inviati in Lettonia, Romania, Bulgaria e Ungheria. In quest’ultima ci sono 260 militari della brigata alpina “Taurinense” nel quadro della missione Enhanced Vigilance Activity della Nato. In Bulgaria ci sono i soldati dell’82 reggimento fanteria “Torino”. In Romania sono stati inviati 3.400 soldati italiani e raddoppiato il numero degli aerei Eurofighter. In Lettonia c’è già da tempo un contingente militare italiano.
Insomma sul piano militare l’Italia è già coinvolta in questa guerra fino al collo, con il consenso del Parlamento ma non della popolazione, che al 60% si dice contraria all’invio di armi e alla partecipazione alla guerra in Ucraina.
Sta crescendo dal basso l’esigenza e la spinta che questa confermata contrarietà popolare al coinvolgimento italiano nella guerra cominci a palesarsi con la forza dovuta. Le disinibite evocazioni sul possibile ricorso ad armi nucleari gettano sulla realtà una ipoteca inquietante ma ormai credibile. L’ipotesi di una prima, grande manifestazione nazionale di opposizione contro la guerra che la declini pubblicamente e massicciamente è ormai all’ordine del giorno, serve solo un atto di coraggio. E in piazza per la pace e contro la guerra … chi c’è c’è!!