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Bambina lasciata in auto: non chiamatela dimenticanza

Bambina lasciata in auto: non chiamatela dimenticanza

Quando diventa evidente che qualcuno fa il “black out”, rendendo “inesistente” il proprio bambino, non servono né la condanna morale, né le chiacchiere sconnesse, né il perdono. Va curato

È accaduto ancora, purtroppo. A Roma una bambina è stata lasciata in auto probabilmente dal padre, carabiniere, che doveva portarla all’asilo. Nonostante l’intervento di un passante che ha segnalato la presenza della bambina sola in auto con i finestrini chiusi ormai non c’era ormai più nulla da fare. Non chiamatela “dimenticanza” scriveva su Left la psichiatra e psicoterapeuta Annelore Homberg in un approfondimento del 27 maggio 2011 che ancora una volta ci pare importante riproporre.

Qualcuno dimentica le chiavi di casa, qualcun altro l’appuntamento dal dentista ma non esiste che si dimentichi un bambino. Può accadere, invece, che un bambino venga annullato, venga fatto sparire internamente “come se non fosse mai esistito”. A differenza della dimenticanza, l’annullamento non è una cosa senza alcuna pertinenza psichiatrica che capita “a tutti” bensì una dinamica estremamente patologica che per fortuna riguarda solo un numero ristretto di persone. Non è quindi vero che, come temono attualmente molte mamme italiane e come sostiene la mamma della piccola Elena, tutti possono svegliarsi un brutto mattino e “scordarsi” dei propri figli. Quando diventa evidente che qualcuno ha fatto il “black out” annullando il proprio bambino, non servono né la condanna morale, né chiacchiere sconnesse, né il perdono, bisogna che la persona che ha attuato l’annullamento, venga curata. Molti psicoterapeuti italiani basano da anni il loro lavoro proprio su questo concetto, sulla pulsione di annullamento. Abbiamo avuto tutto il tempo per veri care che ciò che crea disastri e tragedie nei rapporti umani, non è una debolezza o mancanza di qualcosa (di attenzione, pazienza, calma). Al contrario è un’attività del soggetto, un’attività pulsionale situata tra “lo psichico e il biologico”, che dall’interno della persona istantaneamente si dirige contro la realtà umana. Ciò che ne risulta, non è una fantasticheria sull’altro morto o leso ma una gravissima alterazione del pensiero inconscio: l’altro è reso inesistente. Nella propria mente, l’altro non esiste più né potrà essere rievocato (come accade invece nella rimozione). Chi lavora interpretando ed opponendosi alla pulsione di annullamento sa bene che è una violenza invisibile di cui il paziente non sa nulla e che si coglie solo in due modi: comprendendo le immagini dei sogni che parlano di un’assenza laddove l’altro dovrebbe esserci e dando credito alla sensibilità del nostro corpo che spesso reagisce con sofferenza e con segni neurovegetativi ben precisi agli annullamenti che i pazienti stanno attuando. Per quest’ultimo motivo, la morte della bambina di Teramo ci pone anche la domanda su quale effetto sortisce sull’organismo di un bambino piccolo un annullamento talmente violento del genitore da decretare l’inesistenza del figlio non solo nel pensiero inconscio ma addirittura nella realtà fisica. Quando, se è vero quello che i giornali hanno raccontato, l’adulto torna alla macchina e sentendo dei rumori (gemiti), controlla se ci sia un ipotetico cane ma non vede la bambina nel suo seggiolino.

08/06/2023

Abbiamo ripreso l'articolo

da Left

Di  Annelore Homberg