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17/01/2023
da Remo Contro
Il copertina l’ormai ex ministra della Difesa tedesca Christine Lambrecht su un carro armato, e foto sintesi di un brutto passaggio politico non solo tedesco, ma dei rapporti interni all’alleanza Atlantica, su quale linea politico militare prevale al comando della Nato, sul modo di fare pressioni sull’Europa da parte americana. «Il suo passo indietro era scritto da mesi, mancava solo l’annuncio ufficiale, ed è la data scelta -quattro giorni prima del vertice Nato di Ramstein-, che si rivela sintomatica dell’intero caso politico», sottolinea Sebastiano Canetta da Berlino sul Manifesto.
Motivazione ufficiale, anche qui con sottinteso tra le righe, «dimissioni perché l’attenzione dei media da mesi concentrata sulla mia persona difficilmente consente di discutere in modo obiettivo della Bundeswehr e delle decisioni sulla politica di sicurezza nell’interesse dei cittadini».
Bundeswehr e l’interesse dei cittadini tedeschi, o di altri?
Già oggi sapremo il nome del successore con il cancelliere Scholz vincolato non solo da forti e sgradite pressioni internazionali, ma anche dal meccanismo della parità di genere oltre che di partito. Indicazione da parte della Spd e una delle otto deputate della commissione Difesa del Bundestag. Comunque, tutto di corsa per-altro pezzettino di verità che esce- «per non lasciare vacante un secondo più del necessario il timone del dicastero più nevralgico del governo, cui sono affidati 100 miliardi di euro destinati al riarmo delle forze armate e l’invio delle armi all’Ucraina, a cominciare dai carri armati Leopard-2».
Venerdì, summit Nato nella base aerea americana di Ramstein, Olaf Scholz, ospite i terra tedesca, dovrà presentare al segretario della Difesa Usa, Lloyd Austin, la nuova ministra delle Difesa tedesca, certamente più gradita della precedente. «Germania epurata della sua scomoda ministra ‘pacifista’, la più sgradita all’amministrazione Biden, al presidente ucraino Volodymyr Zelensky e al governo della Lituania di cui la Germania rimane garante militare nell’ambito Nato», scrive ancora Canetta. Oltre la polemica, la sostanza dello sblocco dell’invio dei Leopard necessari –sostengono da Kiev-, per contrattaccare i russi sul fronte del Donbass, e che la ex ministra Lambrecht è stata accusata di boicottare.
Con il cambio al vertice al ministero di Hardthöhe (la difesa ha ancora sede a Bonn), le richieste britanniche e baltiche affinché la Germania consegni carri armati di produzione tedesca all’Ucraina, già forti oggi, si faranno più pressanti. Kiev insiste da tempo affinché Berlino consenta la consegna di carri armati pesanti Leopard 2 in dotazione a molti eserciti euroatlantici su licenza dell’azienda tedesca Krauss-Maffei Wegmann, che ne detiene i diritti di esportazione.
Ma la Germania non potrà inviare i carri armati Leopard 2 richiesti dall’Ucraina prima del 2024, e in larga parte si potrebbe trattare di veicoli di seconda mano passati dall’esercito tedesco a Rheinmetall per essere approntati alla spedizione e venire poi venduti, non di tank sfornati appositamente dalle fabbriche germaniche. Lo ha ammesso alla Bild, Armin Papperger, dal 2013 amministratore delegato del gruppo Rheinmetall, principale fornitore d’armi della Germania con stabilimenti a Düsseldorf, Kassel e Unterlüss.Papperger ha poi ricordato che nei suoi magazzini ha già da lavorare per manutenzione 22 Leopard 2 e 88 vecchi veicoli Leopard 1, questi ultimi ammodernabili e consegnabili in tempi più brevi a Kiev.
La notizia su queste tempistiche spegne l’entusiasmo ucraino delle ultime ore, dopo le dimissioni di Christine Lambrecht. Il governo di Kiev chiede insistentemente i carri armati alla Germania, pressata su questo fronte anche da Polonia, Usa e Regno Unito (che ha inviato 14 carri Challenger 2), nella sua versione più moderna. Il Leopard 2, prodotto in 3.500 unità dagli Anni Settanta a oggi, si è dimostrato veicolo da combattimento versatile, come rileva Andrea Muratore su InsideOver
Il via libera politico ai carri armati tedeschi all’Ucraina, dunque, non è da intendersi come la premessa di un rilancio dell’export massiccio di tank, oggi necessari a un esercito che conta solo 350carri armati in servizio attivo, e tutti Leopard 2. Piuttosto, per rispondere alle pressioni alleate Berlino vuole rompere il veto agli invii di Leopard 2 che si trovano nei magazzini o negli eserciti di altri Paesi e possono esser consegnati all’Ucraina.
La sortita del presidente polacco Andrzej Duda, che dopo aver proposto la reintroduzione della pena di morte, ha promesso l’invio di 12-14 Leopard 2 dall’esercito di Varsavia, che vuole sostituirli con gli Abrams americani, ha aperto le pressioni spesso fuori misura su Berlino. Questioni politiche interne all’Alleanza che, crisi Ucraina prima o poi risolta, saranno nodi non facili da sciogliere.