Striscia continua. Più numerosi e influenti i settler che vogliono il re e la legge ebraica al posto dello Stato di Israele
L’Esercito, scriveva ieri Haaretz, «non ha ancora deciso» se indagare sugli spari che la scorsa settimana hanno ucciso tre giovani del villaggio palestinese di Kufr Malik, assaltato da decine di coloni israeliani armati. Non sorprende. E comunque, le indagini sulle uccisioni di palestinesi da parte di soldati e coloni sono sempre state rare e si concludono, denuncia l’ong B’Tselem, quasi sempre con l’archiviazione.
Invece, sono in corso – almeno per ora – le indagini sui ripetuti attacchi compiuti da coloni, sempre nell’area di Kufr Malik, contro soldati e poliziotti israeliani. Venerdì hanno lanciato pietre, stordito agenti con spray al peperoncino e tentato di travolgere i militari con le automobili; quindi, hanno attaccato il comandante del battaglione, accusato di essere un «traditore». Il giorno successivo, i coloni hanno vandalizzato jeep militari, tagliato pneumatici, lanciato molotov e cercato lo scontro con i soldati, perché avrebbero in parte frenato — i palestinesi non lo confermano — i raid nei villaggi arabi. Infine, domenica, un gruppo ancora più numeroso ha preso d’assalto una base militare vicino a Ramallah, provocando gravi danni.
In apparenza, le condanne dell’accaduto sono state unanimi: dal capo di stato maggiore Eyal Zamir al premier Netanyahu, espressione della destra religiosa al potere. Il ministro della Difesa, Israel Katz, ha convocato una riunione urgente per «sradicare completamente la violenza anti-soldati». Persino il ministro della Sicurezza, Itamar Ben‑Gvir – egli stesso un colono – ha definito l’attacco ai soldati una «linea rossa» che non si può superare. L’opposizione, capeggiata dal centrista Yair Lapid, ha etichettato i violenti come «terroristi ebrei» e «gang criminali», ma si è riferita alle aggressioni a danno dei soldati e non anche alla popolazione palestinese in Cisgiordania.
Con un governo che li sostiene e li rappresenta, e un’opposizione che li condanna soltanto se attaccano i soldati, i coloni israeliani possono stare sereni: nessuno li toccherà. E le frange più radicali del loro movimento potranno rinforzare ulteriormente i ranghi nell’offensiva contro i palestinesi e, in seconda battuta, per trasformare progressivamente Israele in una monarchia.
La monarchia ebraica che dovrebbe prendere il posto dello Stato di Israele – figlio del sionismo, ma «moderno» – non è la proposta di un manipolo di fanatici desiderosi di realizzare il racconto biblico. «Sono più numerosi che in passato i coloni che vorrebbero un sovrano con diritti straordinari e una monarchia senza elezioni né un’Alta Corte di Giustizia», dice al manifesto l’analista Michael Mikado Warshawsky, esperto di destra religiosa. «Quanto siano cresciuti numericamente non è facile dirlo – aggiunge – di sicuro oggi hanno amici e sostenitori in parlamento e nel governo. E mentre traggono sostegno, finanziamenti e vantaggi dallo Stato di Israele, allo stesso tempo vorrebbero trasformarlo. Per questo prendono di mira anche i soldati: li ritengono strumenti di uno Stato che, pur definendosi ebraico, non rispetterebbe, o lo fa solo in parte, l’antica legge ebraica».
Il laboratorio della monarchia ebraica è il collegio rabbinico Od Yosef Hai, nell’insediamento coloniale di Yitzhar, a pochi chilometri da Nablus. Lì, nel 2009, è stato pubblicato il libro Torat Hamelech («La Torah del Re») dei rabbini Yitzhak Shapira e Yosef Elitzur, dedicato all’istituzione di una monarchia ebraico-religiosa che dovrebbe sostituire lo Stato di Israele, efficace quando si tratta di negare i diritti ai palestinesi, ma distante dalla visione divina di redenzione. Verrebbe perciò rimpiazzato da un regno governato non da parlamenti o elezioni, ma da leggi religiose ebraiche e da un re onnipotente, in cui gli ebrei avrebbero diritti aggiuntivi e i non ebrei non potrebbero ricoprire cariche pubbliche. «Torat Hamelech» autorizza lo spargimento di sangue non ebraico in determinate circostanze, e in alcuni casi anche quello degli ebrei.
Sebbene minoritari, questi coloni oggi esercitano un’influenza ideologica e politica significativa. «La visione teocratica dei coloni più radicali non è solo antipalestinese, è anche anti-statale. Da ciò si comprendono le aggressioni a soldati e poliziotti», afferma Warshawsky. «Al momento – conclude l’analista – si concentrano sull’attacco ai palestinesi, poi penseranno alla realizzazione della monarchia ebraica».
01/07/2025
da Il Manifesto