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SHOAH, PERCHE' IL PESSIMISMO DI LILIANA SEGRE E' GIUSTIFICATO

EDITORIALI E COMMENTI 

 

25/01/2023

da Tag43

 

La memoria scivola via. E anche una tragedia come l’Olocausto finirà in qualche riga sui libri e poi sarà cancellata per sempre. Lo teme Liliana Segre, apparsa per la prima volta pessimista. E non a torto. L’erosione dovuta a decenni di negazionismo e revisionismo continua, accompagnata da atti politici a dir poco dubbi. E il futuro si fa cupo.

 

Alla presentazione del palinsesto di eventi milanesi per il Giorno della Memoria, ricorrenza di quella immane tragedia che fu l’Olocausto (o Shoah), ossia lo sterminio avvenuto tra il 1933 e il 1945 di quasi 17 milioni di persone, tra cui quasi sei milioni di ebrei, vittime della follia genocida nazifascista, la 92enne senatrice Liliana Segre, sopravvissuta alla prigionia nel famigerato campo di sterminio di Auschwitz, ha usato parole e toni piuttosto inconsueti rispetto a quelli che siamo sempre stati abituati ad ascoltare da lei. Solitamente battagliera e instancabile animatrice di iniziative e di interventi (per esempio nelle scuole) per tenere viva la memoria di quello sconvolgente dramma, la senatrice è parsa un po’ demoralizzata, dicendo, testualmente: «Una come me certo non si accontenta, una come me è pessimista e ritiene che tra qualche anno ci sarà una riga sui libri di storia e poi non ci sarà nemmeno più quella».

«Che noia questi ebrei»

«Quando uno è vecchio come me», ha commentato ancora Liliana Segre, «e ha visto prima l’orrore e poi è arrivato a sentire addirittura che si nega, quando a un certo punto, dopo che sei stato nessuno, quando la coscienza ti si sveglia, allora non sei mai contento. Per chi ha visto personalmente quell’orrore, quello che viene fatto non è mai abbastanza». Ma proprio qui, la senatrice a vita ha evidenziato, forse per la prima volta, un moto di pessimismo che ha sorpreso chi l’ha fin qui seguita nelle sue esternazioni, specie quando ha sottolineato come già da anni si percepisca, nell’opinione pubblica, una tendenza generale a considerare come un “già sentito” ciò che è accaduto agli ebrei. E ha quindi chiosato: «Partendo da questo pessimismo, certamente le soluzioni, le idee, le proposte, le speranze e le iniziative che possono venire da una vecchia come me, a volte sono noiose per gli altri. Io questo lo capisco perfettamente. Io so cosa dice la gente della Giornata della Memoria. La gente già da anni dice: “Basta con questi ebrei, che cosa noiosa, ormai lo sappiamo”».

Il tram della memoria (che poteva essere pensato prima)

Il tono di queste affermazioni colpisce ancor di più perché pronunciate in occasione di una iniziativa nuova e di grande impatto, cioè l’inaugurazione di un tram che, ricoperto da una livrea papaveri rossi e con la scritta “Giorno della Memoria”, contribuirà a far conoscere il Memoriale della Shoah, il museo nato nel 2013 in corrispondenza del Binario 21 della Stazione Centrale, da cui partivano gli ebrei e milanesi deportati al campo di concentramento. La linea 9, infatti, lo dico per i non milanesi, è quella che arriva proprio in prossimità della Stazione. Eppure, anche questa iniziativa non è riuscita a scalfire la vena di afflizione che ha accompagnato l’intervento di Liliana Segre. «Come mai c’è questo tram? Perché ho rotto le scatole, perché sono noiosissima… Sono contenta, finalmente, prima di morire, vedo la mia Milano con il mio tram, che non posso più prendere perché ho la scorta e do fastidio…ma da quanti anni poteva esserci questo tram?».

L’insidia costante del negazionismo e del revisionismo

La senatrice a vita non rinuncia naturalmente all’impegno (domenica 29, proprio al Memoriale, sarà intervistata da Fabio Fazio), ma certo le sue parole in qualche modo dolenti hanno colpito molto. E ci si interroga se siano frutto di una – del tutto – legittima e comprensibile stanchezza o se celino, implicitamente, una presa d’atto della sempre più efficace insidia che il negazionismo e il revisionismo storico (cioè la manipolazione dei fatti storici per uso politico) stiano portando alla memoria collettiva. Fenomeni non certo nuovi, sono entrambi nati praticamente all’indomani della fine della Guerra e del processo di Norimberga (il capostipite della letteratura negazionista, La menzogna di Ulisse, di Paul Rassinier, politico socialista francese, partigiano anti-nazista, peraltro internato politico a Buchenwald e Mittelbau-Dora, è del 1950, per dire), ma che, nei decenni a noi più vicini, hanno moltiplicato gli sforzi, complici, almeno nel nostro Paese, una pubblicistica di vasta diffusione popolare e persino iniziative politiche che, sotto il ‘paravento’ di termini come “riconciliazione nazionale” o “memoria condivisa”, hanno fortemente contaminato proprio la nostra memoria. E sono proprio la divulgazione pseudo-storica (vedi Pansa, tanto per fare un nome) e le iniziative politiche le più pericolose, perché, in fondo, se la pubblicistica negazionista di stampo storico (pensiamo, oltre a quello di Rassinier, a nomi come Robert Faurisson, David Irving, Ernst Zündel, Jürgen Graf e David Cole, tutti esponenti dell’americano Institute for Historical Review, o all’italiano Carlo Mattogno) o la «grande Trimurti da cui muove il revisionismo contemporaneo» – come la definì Giorgio Galli – composta da Renzo De Felice, Ernst Nolte e François Furet, in fondo restano confinati nel dibattito accademico, l’anti-antifascismo letterario arriva alla gente, e gli atti politici modificano le cose.

Il tentativo di revisione dei testi scolastici

Si potrebbero fare molti esempi (a cominciare dalla legge che ha istituito una Giornata del Ricordo in favore delle vittime delle foibe e degli esuli istriani e dalmati del tutto decontestualizzata e destoricizzata), ma forse, per tutti, basta ricordare il tentativo, eravamo nel 2011, di istituire una commissione parlamentare per la revisione dei libri scolastici di storia. L’iniziativa, contro cui si schierarono un po’ tutti, non solo la sinistra (basti andare a leggere la stroncatura all’epoca scritta da Famiglia Cristiana), fu presa da un manipolo di 19 parlamentari dell’allora Pdl, capitanato da Gabriella Carlucci, con il totale appoggio di Maria Stella Gelmini, allora ministro dell’Istruzione, con l’intento di intervenire contro i testi scolastici colpevoli, ai loro occhi, di proporre una versione della storia asservita alla sinistra, di «gettare fango su Berlusconi» e di voler indottrinare gli studenti, plagiando «le giovani generazioni a fini elettorali». Le prove? La politica-showgirl citava per esempio La storia di Della Peruta-Chittolini-Capra, che descriveva Togliatti come «un uomo politico intelligente, duttile e capace di ampie visioni generali»; Enrico Berlinguer come «un uomo di profonda onestà morale e intellettuale, misurato e alieno alla retorica»; e, addirittura, e questo è forse troppo, De Gasperi come «uno statista formatosi nel clima della tradizione politica cattolica». Speriamo che il pessimismo della senatrice Segre sia eccessivo, ma, certo, iniziative come questa non lasciano ben sperare per il futuro. Della memoria, e non solo.