"Il movimento è pienamente pronto ad avviare un ciclo di negoziati sul meccanismo per l’attuazione di questo quadro", si legge in una dichiarazione del gruppo palestinese
Hamas ha risposto positivamente alla proposta Usa di cessate il fuoco. Lo conferma lo stesso gruppo palestinese: “Il movimento ha completato le consultazioni interne e con le fazioni e le forze palestinesi sull’ultima proposta dei mediatori per porre fine all’aggressione contro il nostro popolo a Gaza. Il movimento ha inviato una risposta positiva ai fratelli mediatori ed è pienamente pronto ad avviare immediatamente un ciclo di negoziati sul meccanismo per l’attuazione di questo quadro”, si legge in una dichiarazione di Hamas. La tv del Qatar Al Araby precisa però che il gruppo palestinese ha accettato tutte le questioni chiave in discussione e ha richiesto solo lievi modifiche alla formulazione del documento. La bozza di accordo era stata approvata all’inizio di questa settimana dal ministro israeliano per gli Affari Strategici, Ron Dermer, durante la sua visita a Washington. ”
I punti principali dell’accordo proposto dagli Usa sul cessate il fuoco di 60 giorni a Gaza, pubblicato dalla rivista saudita Al-Majalla, prevedono: il rilascio scaglionato degli ostaggi sia vivi che deceduti, ampia assistenza umanitaria attraverso Onu e Mezzaluna Rossa, calendario dei negoziati per una tregua permanente, garanzie di Trump sulle trattative. I dieci ostaggi israeliani vivi e i 18 deceduti dovranno essere rilasciati a scaglioni nell’arco dei 60 giorni. Il primo giorno ne verranno rilasciati 8 vivi, poi 10 deceduti entro un mese e gli altri due vivi saranno consegnati il 50mo giorno. In cambio del rilascio degli ostaggi israeliani, Israele libererà un numero concordato di detenuti palestinesi. Il processo avverrà parallelamente al rilascio degli ostaggi, senza cerimonie pubbliche, secondo un meccanismo concordato in anticipo. Il giorno 10 Hamas fornirà informazioni complete (prove di vita e rapporti medici/prove di morte) su ciascun ostaggio rimanente. In cambio, Israele trasmetterà informazioni dettagliate sui detenuti arrestati a Gaza dal 7 ottobre e sul numero dei morti tra i civili di Gaza presenti in Israele.
Tutte le attività militari offensive dell’Idf nella Striscia di Gaza cesseranno con l’entrata in vigore dell’accordo. I negoziati si apriranno il primo giorno, sotto l’egida dei mediatori-garanti, per raggiungere una tregua permanente che comprenda anche le disposizioni sul ridispiegamento e ritiro delle forze israeliane e sugli accordi di sicurezza a lungo termine a Gaza. Il giorno 1, dopo il rilascio degli 8 ostaggi vivi, avverrà un ridispiegamento nel nord della Striscia e lungo il corridoio Netzarim, secondo l’articolo 3 sull’assistenza umanitaria e basandosi su mappe concordate. Un ulteriore ridispiegamento, a Sud, avverrà il giorno 7, dopo la restituzione di 5 cadaveri, sempre secondo le mappe concordate. L’assistenza sarà trasferita immediatamente nella Striscia di Gaza dopo il consenso di Hamas all’accordo. La distribuzione avverrà secondo un’intesa che garantisce la fornitura costante durante tutta la tregua, in base all’accordo del 19 gennaio 2025 sull’assistenza umanitaria. La distribuzione avverrà tramite canali concordati, tra cui le Nazioni Unite e la Mezzaluna Rossa.
“Vedremo cosa accadrà, lo sapremo nelle prossime 24 ore”. aveva precedentemente commentato Donald Trump. Secondo il giornale saudita Asharq Al-Awsat, il gruppo ha mostrato “flessibilità” sulla questione del disarmo, che Israele ha richiesto come condizione per un cessate il fuoco permanente nella Striscia. E secondo la testata, Hamas potrebbe impegnarsi, attraverso i mediatori Qatar ed Egitto, a porre fine al contrabbando di armi, a chiudere le operazioni di produzione di armi nella Striscia di Gaza e a consegnare le scorte di armi esistenti affinché siano conservate in un luogo senza alcuna presenza di Hamas. Le fonti citate da Asharq News aggiungono che il gruppo palestinese potrebbe anche accettare di mandare temporaneamente in esilio un numero simbolico dei suoi funzionari che attualmente risiedono a Gaza, come compromesso alla richiesta di Israele di espellere i leader di Hamas dalla Striscia.
Intanto, la popolazione civile continua a morire: Al Jazeera riferisce che almeno 15 palestinesi sono stati uccisi in una serie di raid che le forze israeliane hanno condotto su Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. L’emittente precisa che gli attacchi hanno preso di mira alcune tende e rifugi di fortuna nell’area al-Mawasi, classificata come zona umanitaria da Israele. Secondo l’emittente del Qatar, i raid – condotti con aerei da combattimento ed elicotteri – e l’intensa copertura di fuoco sarebbero collegati a un’imboscata che fazioni armate palestinesi sarebbero riuscite a tendere a un gruppo di soldati nella zona di Khan Yunis.
Il via libera di Israele ad una nuova proposta americana di cessate il fuoco ha smosso le acque dopo settimane di stallo. Anche Hamas ha mostrato una cauta apertura, perché Washington avrebbe garantito l’impegno a far rispettare la tregua a Israele anche dopo i primi 60 giorni, a condizione che i negoziati tra le parti proseguano in modo credibile. La fazione che governa la Striscia ha fatto filtrare la sua “soddisfazione”, ringraziando i mediatori e secondo i media sauditi dovrebbe presentare la sua risposta ufficiale entro domani sera. Nel merito del piano Usa, non sembrano esserci ostacoli allo scambio di prigionieri in diverse fasi che prevede il rilascio di dieci ostaggi vivi insieme a 18 corpi per un gruppo di detenuti palestinesi. I dubbi di Hamas riguardano l’ingresso degli aiuti e il ritiro dell’Idf, che sono menzionati nella proposta senza indicare date specifiche o allegare mappe. Inoltre la fazione insiste sulla fine della guerra.
In Israele filtra moderato ottimismo e si attende l’incontro tra Benyamin Netanyahu e Donald Trump alla Casa Bianca lunedì prossimo. Il ministro dell’Energia Eli Cohen, membro del gabinetto di sicurezza, ha dichiarato che c’è “sicuramente la disponibilità a raggiungere un accordo”. A spingere per l’intesa sono sempre i familiari degli ostaggi, che consentendo alla pubblicazione di un video di due ragazzi rapiti ha invocato il rilascio di tutti, vivi e morti, e subito. Lo stesso Netanyahu ha incontrato la madre dell’ostaggio Matan Zangauker nella sua prima visita al kibbutz Nir Oz dall’eccidio del 7 ottobre, ma è stato accolto da una dura contestazione. A ostacolare l’accordo con Hamas è ancora l’ultradestra di governo di Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich. Sul terreno non ci sono segnali di un rallentamento delle ostilità, ma fonti mediche di Gaza riferiscono che viene colpito anche chi è in fila per ricevere aiuti. Proprio riguardo a questa emergenza, l’Associated Press ha rivelato che i contractor americani che sorvegliano i centri di smistamento gestiti dalla Gaza Foundation (il controverso ente sostenuto da Usa e Israele ma non dall’Onu) utilizzano munizioni vere e granate stordenti. L’agenzia americana ha raccolto le testimonianze di due contractor, secondo cui parte dei loro colleghi non sono qualificati, né controllati. E ci sono nuove ombre anche sull’Idf: nel raid dei giorni scorsi sull’internet café sarebbe stato usato un ordigno Mk-82 da 230 chili, secondo quanto ha rivelato l’esame dei frammenti. Per gli esperti dei diritti umani è un’arma “illegale”.
La situazione della popolazione della Striscia è stata oggetto anche di un rapporto presentato a Ginevra dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese. Nel documento si accusano numerose imprese, a cominciare da produttori di armi e giganti tech – “dalla Lockheed a Leonardo, da Alphabet a Microsoft” – di contribuire al “progetto” di Israele di “sfollamento e sostituzione dei palestinesi nei territori occupati” e si chiede agli Stati membri di imporre un embargo totale sulle armi allo Stato ebraico e di sospendere tutti gli accordi commerciali.