Ogni mese riceverai Rosso di Sera per posta elettronica, niente carta, niente inchiostro.... Se vuoi inviare le tue riflessioni, suggerimenti, o quanto ritieni utile, a Rifondazione di Santa Fiora,usa questo stesso indirizzo info@rifondazionesantafiora.it
01/02/2023
da Valigia Blu
Perché il vice presidente del Copasir Donzelli e il sottosegretario alla Giustizia Delmastro dovrebbero dimettersi
Alfredo Cospito è un “influencer” che la mafia sta utilizzando “per cedere lo Stato sul 41-bis” e far rimuovere il carcere duro. E “voglio sapere se questa sinistra” [che ha incontrato Cospito in carcere] “sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia. Lo vogliamo sapere in quest'Aula oggi”.
L’intervento alla Camera del deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir, Giovanni Donzelli, durante la discussione sulla proposta di legge per l’istituzione della Commissione parlamentare antimafia (poi approvata), è senza precedenti e di una gravità inaudita per diversi motivi. Come osserva il giornalista Emiliano Fittipaldi, "non solo per le parole violente contro alcuni parlamentari del PD, ma perché", da vicepresidente del Copasir, l’organismo parlamentare che vigila sull’operato dei servizi segreti, "ha usato come arma politica intercettazioni tra mafiosi al 41bis" che molto probabilmente dovevano rimanere riservate.
Come ricostruisce Carlo Canepa su Pagella Politica, il 30 gennaio, durante la discussione sulla proposta di legge per l’istituzione della Commissione parlamentare antimafia, Donzelli è intervenuto per commentare il caso di Alfredo Cospito, l’anarchico in sciopero della fame da oltre 100 giorni contro il regime del 41-bis (il cosiddetto “carcere duro”). Secondo Donzelli, Cospito sarebbe un «influencer» che la mafia sta utilizzando «per far cedere lo Stato sul 41-bis» e far rimuovere il “carcere duro”.
A sostegno delle sue affermazioni, Donzelli ha letto alcune intercettazioni inedite tra Cospito e alcuni mafiosi detenuti al 41 bis. In base a «documenti che sono presenti al Ministero della Giustizia», ha detto Donzelli, a fine dicembre Cospito è riuscito a parlare della sua lotta contro il 41-bis con il «boss della ‘ndrangheta» Francesco Presta «mentre passava da un ramo all’altro del penitenziario» di Sassari. Inoltre, successivamente, il 13 gennaio, Cospito si è confrontato con un esponente della Camorra, Francesco Di Maio, dicendogli che «noi al 41-bis siamo tutti uguali».
In quegli stessi giorni, ha aggiunto Donzelli, mentre parlava con i mafiosi «Cospito incontrava anche i parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, che andavano a incoraggiarlo nella battaglia. Voglio sapere se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia».
Per quanto riguarda la visita dei quattro deputati del PD, Serracchiani, Verini, Lai e Orlando non sono andati a incoraggiare Cospito nella sua battaglia, ma come affermato dagli stessi parlamentari subito dopo la visita erano andati a «verificare le condizioni di salute» di Cospito e per sottolineare l’applicazione «dell’articolo 27 della Costituzione» secondo il quale «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Nella visita dei parlamentari PD non c’era dunque nulla di segreto e di irrituale, considerato che – spiega sempre Canepa – “in base all’articolo 67 della legge sull’ordinamento penitenziario, i membri del Parlamento possono visitare gli istituti penitenziari senza autorizzazione (...) per verificare, per esempio, le condizioni di vita dei detenuti”.
Le accuse di Donzelli, dunque, sono congetturali e, come evidenziato da diversi parlamentari, anche di altri partiti, “gravissime” e “sconcertanti”.
La questione più grave è l’uso delle intercettazioni fatto da Donzelli nel suo intervento. Secondo il vicepresidente del Copasir, si tratterebbe di «documenti inviati al Ministero della Giustizia dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, non coperti da alcun segreto, consultabili da qualsiasi deputato».
Ma le cose non stanno così. Come spiegato dal Ministero della Giustizia a Domani, “si tratta di atti riservati interni al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e che possono finire solo sulla scrivania del ministro della Giustizia o del sottosegretario con delega all’Amministrazione penitenziaria”. In questo caso, spiega Emiliano Fittipaldi, “il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, ex avvocato di Giorgia Meloni, ha ammesso di aver dato relazioni del DAP con le intercettazioni segrete dei mafiosi a Donzelli, suo compagno di partito, che le ha usate per attacco politico al Pd. Carte riservate date in via informale”.
In sintesi, Donzelli avrebbe utilizzato informazioni sensibili come strumento politico per attaccare i suoi avversari. E, ha aggiunto Debora Serracchiani intervistata a Rai Radio 1, durante la trasmissione Menabò, potrebbe aver “messo a rischio un eventuale lavoro investigativo delle autorità e della magistratura, rivelando informazioni non di pubblico dominio”. Successivamente, Serracchiani ha chiesto le dimissioni di Donzelli e Delmastro dai loro incarichi istituzionali.
Nel frattempo, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiesto che venga fatta «una ricostruzione con urgenza» e il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha accettato la richiesta di istituire il cosiddetto “Giurì d’onore”, in base all’articolo 58 del regolamento della Camera, per verificare quanto accaduto. Mentre la procura di Roma, dopo un esposto del deputato e co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, ha aperto un fascicolo d'inchiesta sulle dichiarazioni di Donzelli.
La vicenda evidenzia una cultura politica totalmente incompatibile con quello che dovrebbe essere il normale svolgimento dell'attività parlamentare e di governo. Prima di tutto il discorso pronunciato da Donzelli ha voluto criminalizzare agli occhi dell'opinione pubblica un fondamentale potere che hanno i parlamentari. Alludere all'idea che visitare carceri o prigionieri sia indice di potenziale collusione significa prima di tutto criminalizzare questa funzione attraverso l'attacco all'opposizione. Usare questo potere per sincerarsi delle condizioni di salute di un detenuto, come nel caso specifico, è prima di tutto un gesto di umanità e poi di responsabilità. Far passare l'idea che entrambi questi gesti siano collusione significa dividere il paese in "persone" e "non persone", e criminalizzare chi decide di non punire le seconde.
Risulta gravissimo inoltre l'uso strumentale di informazioni contenute in intercettazioni segrete allo scopo di attaccare l'opposizione, per giunta attraverso un detenuto che non può far valere la sua voce e che versa in gravi condizioni di salute. Questo aspetto squalifica le istituzioni di cui fanno parte i protagonisti (il Parlamento e il Copasir per Donzelli, il Ministero della Giustizia della Delmastro Delle Vedove). Non è ammissibile a nessun livello che informazioni riservate, cui un Sottosegretario ha accesso in virtù del ruolo che ricopre, diventino una risorsa per imbastire campagne di delegittimazione, per giunta portate avanti dal vicepresidente del Copasir.
Ciò è stato possibile solo perché ha prevalso una cultura di potere in cui la fazione di cui si fa parte (il partito, Fratelli d'Italia) prevale sul senso delle istituzioni, che sono così piegate ai giochi di potere. Che credibilità avrebbe una qualunque legge proposta da Fratelli d'Italia avente per oggetto l'uso di intercettazioni, finché Donzelli e Delmastro delle Vedove rimangono al loro posto? E quale esponente del governo sarebbe credibile, d'ora in avanti, nello stigmatizzare a qualunque livello l'abuso di intercettazioni? Con che scopi svolge normalmente Donzelli la funzione di controllo dei servizi segreti, è mosso dall'interesse pubblico o da quello personale e del suo partito?
Come se ciò non bastasse, lo stesso Donzelli inizialmente ha nascosto la provenienza delle informazioni usate per attaccare l'opposizione. Ha quindi omesso la verità, e solo in un secondo momento ha ammesso il passaggio di informazioni. Solo lo scrupoloso lavoro dei giornalisti che hanno seguito il caso ha fatto emergere i suoi inquietanti retroscena.