16/02/2023
da Il Manifesto
IL LIMITE IGNOTO. Decimo pacchetto di sanzioni Ue alla Russia, anche contro Iran e propaganda
I 27 paesi Ue hanno pochi giorni per approvare all’unanimità il decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia proposto dalla Commissione. La presidente Ursula von der Leyen lo ha presentato a grandi linee ieri al Parlamento europeo: «L’aggressore deve pagare il prezzo» dell’«estrema violenza» contro i civili. La prossima settimana avrà luogo un forum di coordinamento delle nuove sanzioni, Ue con G7 e partner internazionali, a un anno dall’inizio della «guerra imperialista di Putin».
VERRANNO PROIBITE esportazioni per un valore superiore a 11 miliardi di euro, per privare la Russia di tecnologie essenziali, dai pezzi di ricambio all’elettronica e ai materiali che possono venire utilizzati per produrre armamenti. Per la prima volta, sono coinvolte nelle sanzioni entità terze: in particolare sette entità dell’Iran che hanno fornito tecnologie sensibili (droni Shahed) alla Russia. Sarà colpita anche la «macchina di propaganda» russa, con una lista di propagandisti messi al bando nella Ue: il capo della diplomazia, Josep Borrell, ha precisato che riguarda più di un centinaio di persone e entità supplementari, comprese quelle implicate nel rapimento di bambini ucraini – almeno 6mila secondo un rapporto del Conflict Observatory – trasferiti in Russia. La Ue prenderà anche misure contro paesi terzi per evitare che vengano aggirate le sanzioni. Verranno individuati gli oligarchi che cercano di nascondere i propri beni e realizzato un «inventario» di tutti gli averi congelati della Banca centrale russa – 300 miliardi – che potrebbero servire per la ricostruzione dell’Ucraina alla fine della guerra. Scintille però su questo fronte con la Svizzera, che pure finora ha aderito alle sanzioni Ue: ieri Berna ha ribadito che la confisca dei beni russi congelati è contraria al diritto del paese, se questi averi sono stati acquisiti legalmente.
Ieri, ai margini del vertice a Bruxelles, dalla Germania il ministro dell’economia Robert Habeck ha criticato Berna per il rifiuto di fornire munizioni all’Ucraina per i blindati anti-aerei Guepard (che la tedesca Rheinmetal produce in Svizzera). «Non capisco», ha detto Habeck, ma la Svizzera ha già due volte bloccato la fornitura di munizioni, in nome della neutralità del paese, che non fa parte della Nato.
BORRELL si è rivolto ieri ai paesi dell’Alleanza, invitandoli a fornire armi, dopo la preoccupazione espressa lunedì dal segretario Jens Stoltenberg sui ritardi di produzione: «Tutti hanno tank moderni che prendono polvere nelle caserme – ha detto Mr.Pesc – dateli all’Ucraina il più presto possibile, è in primavera che la guerra si deciderà» (sono promessi circa 100 Leopard a breve, da vari paesi, la Francia consegnerà 14 Amx-10). La riunione Nato, che si è conclusa ieri a Bruxelles, prepara il vertice di Vilnius a luglio, dove tornerà sul tavolo la questione delle spese militari. Nel 2014, in reazione all’annessione della Crimea, era stato deciso un aumento al 2% del pil delle spese militari dei 30 paesi membri. Allora, solo tre paesi rispettavano questa quota (Usa, Gran Bretagna, Grecia). Oggi sono 7 di più (Baltici e Polonia sono ormai al 2,5%). Ieri, Stoltenberg, che a ottobre lascerà la carica, ha insistito sulla necessità di andare anche oltre il 2%. Molti paesi sono reticenti su questa accelerazione: l’Italia ha previsto di raggiungere il 2% nel 2028, la Spagna nel 2029, la Danimarca nel 2033. La Francia, che ha stanziato un finanziamento-record di 413 miliardi per la programmazione militare nei prossimi anni, ritiene che conta di più l’efficacia della spesa. La Germania, malgrado i 100 miliardi stanziati da Olaf Scholz, resta all’1,5%. Nel 2022, i paesi Nato hanno speso 1.051 miliardi di dollari. L’Onu chiede soldi per l’umanitario, 5,6 miliardi di dollari di aiuti, in particolare per Polonia e Moldavia che accolgono profughi.
LA DESTRA del Parlamento europeo paragona Berlusconi all’ungherese Orban (la Fidesz è stata espulsa dal Ppe) e gli volta le spalle, dopo le dichiarazioni pro-Putin e anti-Zelensky, considerate «inaccettabili». Polonia, Estonia, Lituania, Irlanda, Repubblica ceca, Portogallo, Svezia, Lussemburgo e Belgio minacciano di boicottare la prevista riunione del Ppe a Napoli, se Berlusconi sarà presente. Il capogruppo, Manfred Weber, resta prudente, perché sta cercando un’intesa con Giorgia Meloni per le elezioni europee del 2024, nella speranza di conservare il primo gruppo dell’Europarlamento: «Abbiamo un problema Berlusconi, non un problema Forza Italia».