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ISRAELE - PALESTINA VERSO UNA NUOVA INTIFADA? MINACCIA NETANYAHU

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Un governo da paura per la stessa Israele che ha votato tanti spezzoni di integralismi politici o religiosi uno diverso e spesso in contrasto con l’altro, e che ora se li trova coalizzati attorno all’indecente Netanyahu, latitante politico da sentenza per corruzione. Frammenti di suprematismo ebraico e razzismo anti arabo palestinese in beffa a decine di risoluzioni internazionali che ora fa persino paura agli stessi tutori americani

Tra israeliani e palestinesi le cose possono solo peggiorare

Dopo l’uccisione di 11 palestinesi a Nablus, si moltiplicano appelli alla calma. Ma di questo passo, tra israeliani e palestinesi le cose possono solo peggiorare, avverte ISPI. Mentre Europa e Stati Uniti, anche se distratti dalla guerra in Ucraina fingono di non vedere, tra israeliani e palestinesi sta per esplodere una terza intifada.

Impegni traditi e violenza spropositata

I segnali – avvertono molti osservatori – ci sono tutti: «crescendo di violenze, un governo israeliano di estrema destra che sconfessa la soluzione dei due stati, esasperazione dei palestinesi che non vedono più alcuna alternativa alla lotta armata». A nemmeno due settimane dall’ultima visita del segretario di stato Blinken nella regione, le forze armate israeliane hanno lanciato un raid nella città di Nablus, in Cisgiordania, uccidendo 11 palestinesi, compresi ragazzini e vecchi, e ferendone un centinaio.

Nablus, spirale distruttiva

cIò che rende il raid israeliano a Nablus diverso dai troppi altri, è l’enorme numero di feriti, un centinaio, di cui più di 80 con ferite d’arma da fuoco. Alcuni sono in condizioni critiche. Blitz inusuale nel centro della città vecchia di Nablus in pieno giorno, con il rischio -la certezza-,  di vittime civili, denuncia Mattia Serra, ISPI MENA Centre. «Un massacro cercato -l’accusa da più parti-, pericolosa escalation, che sta spingendo la regione verso l’esplosione».

Dal primo gennaio, in meno di due mesi, 62 le vittime palestinesi. Contemporaneamente, dieci israeliani e un turista sono stati uccisi dai palestinesi. Un pessimo inizio che segue lo scorso anno nero con 150 morti, l’anno più mortale per i palestinesi in Cisgiordania.

Ritorno alle armi

Nel mirino dei soldati israeliani tre comandanti del gruppo ‘La fossa dei leoni’ (Areen Al-Oussoud), sorto nell’ultimo anno e che ha la sua roccaforte a Nablus. In un post su Telegram, il gruppo ha confermato che sei dei suoi militanti sono rimasti uccisi nel Raid israeliani, in cui sono morti anche cinque civili, tra cui un uomo di 72 anni e un ragazzo di 14. Per capire quanto il movimento sia ormai radicato tra la popolazione, la folla di migliaia di persone ai funerali, ogni volta che uno di loro viene ucciso.

Blinken e l’imbarazzo Usa

Nablus è una città formalmente è sotto controllo dell’ANP e l’azione israeliana tanto cruenta è avvenuta dopo l’intesa mediata da Antony Blinken, con cui l’Amministrazione americana voleva imporre alle parti moderazione. Gli israeliani si erano impegnati ad allentare la pressione, inclusi nuovi insediamenti di coloni ebrei in territori palestinesi, mentre e in cambio l’ANP ha ritirato la proposta all’Onu in cui chiedeva la condanna di Israele per gli ormai innumerevolii insediamenti illegali. Una decisione oggi   incomprensibile agli occhi dei palestinesi.

Doppi standard e zero credibilità Natanyahu

Il raid feroce ed esibito e reazioni allarmate ma impotenti. L’Unione europea ‘invitato le parti’, Parigi ‘esorta’,  Stati Uniti ‘estremamente preoccupati’, col segretario Onu Guterres costretto dire: ‘basta ciance, chi ha il potere di farlo –gli Stati Uniti-, impongano alla ultra destra religioso ebraica attorno all’ormai screditato Netanyahu, il rispetto delle risoluzioni internazionali unanimi per la soluzione’ «Due popoli due Stati». Ma siamo sempre alle parole.

Domande palestinesi senza risposte

«Cosa hanno fatto le Nazioni Unite, gli Stati Uniti o l’Europa finora?», chiede Mustafa Barghouti intervistato da Al Jazeera. «Non abbiamo sentito condanne per il comportamento delle forze armate israeliane, né per il fatto che i palestinesi vengono uccisi ogni giorno. Nessuno ha insistito per l’apertura di un’indagine indipendente sull’uccisione della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh». E infine la domanda elementare e micidiale assieme:

«Perché nel caso della Russia e dell’invasione dell’Ucraina decine di sanzioni sono state comminate nell’arco di pochi mesi, mentre nel caso di Israele neanche la minaccia di una sanzione è stata esercitata per 75 anni?». (quanti russi o ebrei votano alle presidenziali Usa?)

Immagine rimossa.

Ugo Tramballi su la democrazia in Israele

Una sintesi che il caro amico mi perdonerà.

  • «Leggere le notizie sulla prima pagina dei giornali israeliani è come vivere un incubo ogni mattina. Il leader di partito condannato tre volte per corruzione ed evasione fiscale che pretende di essere vicepremier; il deputato che propone l’introduzione della pena di morte per i terroristi arabi ma non per gli ebrei: per esempio i coloni che uccidono i contadini palestinesi o l’assassino di Yitzhak Rabin».
  • «Si è anche costretti a leggere di un altro ministro che vuole escludere dai diritti civili ogni minoranza politica, etnica, religiosa e di genere del paese; e di un altro ancora che presenta una legge per mettere la Corte Suprema al servizio della maggioranza politica; o del ministro delle Finanze che ignorando la preoccupazione generale, promette di ebraicizzare tutti i territori palestinesi perché è Dio che lo vuole».
  • «Anche le manifestazioni degli israeliani che si oppongono a tutto questo sono diventate un appuntamento fisso: ogni sabato sera, al finire dello shabbat, a migliaia s’incontrano per protestare contro il governo più reazionario e religioso della storia del paese».
  • «Il paese è spaccato in due: fra due modelli di democrazia; due visioni del sionismo, il risorgimento nazionale ebraico non ancora concluso 126 anni dopo la visione di Theodor Herzl; tra un’idea di società aperta e una rigidamente teocratica».

Il nemico esterno per colpire quello interno

  • «L’Iran è una evidente minaccia. Ma l’enfasi con la quale Benjamin Netanyahu ne parla, rendendola più pericolosa di quanto effettivamente sia, rivela l’ansia di ritrovare un nemico esterno che distragga l’opinione pubblica israeliana e internazionale dai suoi discutibili programmi di politica interna e nei Territori occupati».
  • «Dal governatore della Banca centrale agli industriali privati, dal mondo dell’hi-tech ai docenti e studenti delle università, dagli artisti al mondo dell’editoria; dai vertici militari al Mossad: tutti sottolineano la loro preoccupazione sulla tenuta della democrazia».
  • «Isaac Herzog invita a un compromesso ora impossibile quanto un negoziato di pace fra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin […] Ma Netanyahu non può archiviare il programma di governo. Se lo facesse perderebbe l’alleanza con l’estrema destra religiosa: per la conservazione del suo potere non ha alternative».
  • «’Netanyahu sta pericolosamente privilegiando i suoi angusti interessi politici e legali sugli interessi del paese. Il giudizio non è del leader dell’opposizione Yair Lapid ma di Dick Durbin, presidente della commissione Giustizia del Senato americano, vecchio amico d’Israele e interprete del pensiero di Joe Biden».
  • «Se il governo compromette la democrazia d’Israele compromette anche l’essenziale aiuto economico e militare americano».

Il vero nemico israeliano

«Il governo ha deciso di costruire più di 7mila nuove case per i coloni israeliani nei Territori occupati». E il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, vuole andare oltre: «eliminare tutte le restrizioni alla presenza ebraica nelle aree palestinesi, Lo dico ad americani ed europei: questa è la nostra missione».

L’antitesi degli accordi di Abramo e della pace dei Paesi arabi con Israele.  Nella sua storia contemporanea lo stato ebraico non aveva mai incontrato un nemico tanto minaccioso quanto se stesso.

 

25/02/2023

da Remo Contro

Rem