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15/03/2023

da Left

Giulio Cavalli

 

Espongono la sacra spina contro la siccità. Accade nel Veneto di Zaia che, come Salvini, vede nella transizione ecologica un fastidioso inciampo al fatturato dei suoi elettori

 

Accade che in Veneto, dove la siccità stringe la gola come accade in tutto il nord Italia, abbiano deciso di esporre la “Sacra spina” che nella credenza popolare dovrebbe essere la stessa lisca di pesce usata dai romani per decapitare i martiri Fermo e Rustico. Un rito che risale al Duecento per risolvere il problema di siccità. In quel caso i fedeli pregarono per interrompere quattro mesi che assetarono quelle terre.

 

I fatti – reali e incontrovertibili – sono che anche in Veneto la mancanza di acqua ha ridotto ai minimi storici i fiumi e gli invasi. Il presidente della Regione Zaia più laicamente ha prospettato la possibilità che l’acqua venga razionata (il fiero “nord” che si ritrova ad avere un problema sempre considerato “meridionale” è uno dei molti contrappassi di questo tempo) e ha strigliato il governo (composto da suoi amici che potrebbe raggiungere con una telefonata):”spero che a livello nazionale – dice Zaia –  si decida di finanziare un grande piano e che si possa andare avanti con la pulizia degli invasi alpini, delle dighe artificiali o dei laghi. Se riusciamo a levare il 50/60 per cento dei detriti che vi stagnano, potremmo recuperare il 40 per cento di metri cubi d’acqua in più che possiamo destinare agli invasi. Inoltre, bisogna autorizzare le cave in pianura come rete di invasi e finanziare il mondo dell’agricoltura per ridurre la dispersione della risorsa idrica, come fanno in Israele”.

 

I creduloni – più che credenti – non vengono sfiorati dal dubbio che disboscare per costruire piste di bob per i mondiali non sia una grande idea o che irridere i tanti esperti che da tempo lanciano l’allarme li espone ora a una pessima figura. Anche Zaia, come molti altri, vede nella siccità un’occasione per chiedere più soldi senza spingersi a chiedere politiche attive. Il suo partito del resto è lo stesso che con Salvini in prima fila sta trattando la transizione ecologica come un fastidioso inciampo al fatturato dei suoi elettori. Nel suo partito, del resto, si trovano parlamentari che al primo freddo ironizzano sul surriscaldamento che non esiste. Sono talmente ignoranti che nonostante siedano in Parlamento non hanno ancora imparato la differenza tra meteo e clima.

 

L’ignoranza, appunto, è la molla che spinge ad affidarsi a una lisca di pesce per risolvere un problema creato dalle politiche industriali e economiche degli uomini. L’ignoranza che ha concesso il lusso di non vedere l’apocalisse ambientale che sta arrivando e che non può che concludersi con una danza tribale.