24/03/2023
da Il Fatto Quotidiano
di Thomas Mackinson
Infinite promesse elettorali che s’infrangono su due numeri: 1300 giorni d’attesa (col servizio sanitario nazionale), zero (pagando 7.500 euro). Giorni e soldi che separano la signora Aurelia da un intervento di colecistectomia al San Raffaele di Milano, l’ospedale forse più famoso della Lombardia, fiore all’occhiello del Gruppo San Donato, il più grande della sanità privata italiana. Sembrava un errore, un attesa oltre ogni immaginazione quel dato emerso da una telefonata in diretta a “37e2”, la trasmissione di Vittorio Agnoletto su Radio Popolare. Viene poi confermato dalla struttura sanitaria. Il racconto somiglia ad altri, a parte il computo dei giorni che polverizza i record precedente. “Ad agosto 2020 – racconta l’ascoltatrice – ho avuto il primo episodio di coliche biliari e sono andata al Pronto Soccorso del San Raffaele, ma per via della pandemia ad ottobre vengo messa in lista d’attesa, senza però una data precisa, per l’intervento di colecistectomia. I miei calcoli, di oltre un cm, non si possono sciogliere in nessun modo. Da allora ogni 6 mesi mi sottopongo a controlli, ma ancora nessuna data è prevista per l’intervento. Io continuo a stare male, continue fitte, dolori, nausee, vomito, nonostante il cambiamento di regime alimentare. Fino a quando a gennaio 2023 ho detto basta, non ce la faccio più: ho chiamato il San Raffaele e ho chiesto a che punto era la lista d’attesa, e mi hanno detto che c’era da aspettare ancora tantissimo tempo. Allora ho chiesto quanto era l’attesa per un intervento a pagamento: mi è stato risposto oralmente che i tempi di attesa a pagamento non ce ne sono e che il costo era di 7.500 euro! A quel punto mi sono fermata perché non è giusto che un cittadino onesto, che paga le tasse non abbia diritto a un servizio sanitario pubblico che funzioni”.
Agnoletto ne chiede conto all’assessore Guido Bertolaso invitandolo ad intervenire in trasmissione “ma nessuna risposta ci è arrivata, silenzio totale: ci chiediamo quali siano gli interventi urgenti e concreti che la Regione sta programmando per abbattere queste liste d’attesa assurde, causa di enormi disagi per la popolazione, visto che era un obiettivo posto al centro della campagna elettorale del presidente Fontana”. La domanda trae forza da un dato di fatto, che è la conferma poi arrivata dal San Raffaele. “La lista di attesa per l’intervento di colecistectomia (videolaparocolecistectomia o VLC) è riportata nelle tabelle pubbliche sul sito di Ospedale San Raffaele ed è al momento di 1300 giorni. Per questo specifico intervento, come per altri, la lista di attesa risente ancora dei ritardi causati dalla pandemia, che ha costretto l’Ospedale San Raffaele a interrompere per diversi mesi, tutti gli interventi in elezione. L’intervento di colecistectomia è un intervento programmabile che non ha carattere di urgenza. L’Ospedale San Raffaele fa presente che la lista di attesa dà sempre precedenza alle patologie che rivestono carattere di emergenza/urgenza”.
Nella lista si possono infatti rintracciare altri record negativi, come i 1395 giorni per un ricovero di ortopedia pediatrica e fino ai 1700, quattro anni e sei mesi, per un intervento laser alla prostata. Ma sono numeri da prendere con le pinze, perché il sistema di prenotazione della Regione indica dove la prestazione viene garantita prima. E’ quando la si pretende da una struttura specifica, magari vicino a casa, che il rischio calende greche diventa certezza. E infatti, per legge, se le Ats di riferimento non garantiscono la prestazione entro i termini indicati sulla ricetta il cittadino ha diritto al trattamento in regime privato al solo costo del ticket: e chi lo ha mai sentito? E infatti il problema non si limita certo al San Raffaele, che fa sempre notizia e non solo per meriti propri ma anche perché avvengono pur sempre sotto la “cupola dello scandalo” , quello della politica lombarda che fa fiore la sanità privata desertificando quella pubblica. Ma se le liste d’attesa sono il metro, non è che altrove le cose vadano meglio: per una Tac al torace al Gaetano Pini, ad esempio, si deve attendere 243 giorni contro i 60 indicati come tempo medio, 180 se vai al Buzzi.
Lo scandalo, piuttosto, è allora (e ancora ) tutto politico. E’ nel diluvio di promesse che si sentono scrociare da decenni e ancora oggi. Il 24 gennaio Attilio Fontana, vale a dire a 16 giorni dal voto, si impegnava solennemente davanti agli elettori: “Il mio primo atto sarà ridurre le liste d’attesa”. Come non avesse avuto cinque anni di tempo per farlo, o il centrodestra di cui era ancora candidato ben 28, oltre un quarto di secolo, perché da tanto governa Regione Lombardia, dove la sanità è un mito di cartapesta, fatto di rotoli di liste d’attesa che anche Letizia Moratti, ex assessore e candidata civica col Terzo Polo, prometteva di sciogliere: “Il mio primo atto? Più risorse per tagliare le liste d’attesa”.
Ma il tema, lo sanno anche i sassi, non è solo di risorse ma anche di efficienza che resta appesa sulle bocche dei politici lombardi. Restiamo allora alle liste. Bertolaso, confermato nel ruolo di assessore alla Salute nella nuova giunta, a dicembre aveva annunciato che gli uffici dell’assessorato stavano lavorando a una piattaforma unica regionale che mettesse insieme tutte le agende di tuti gli enti, che siano strutture pubbliche o private in modo che il cittadino possa accedere e scegliere, ma anche controllare sforzi e risultati nel ridurre le loro attese. Perché, signori e signori, sembra incredibile ma nel 2023 ancora non c’è. L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) ha strutturato un database con le liste d’attesa delle strutture, ma spesso porta a risultati inesistenti: manca tra l’altro la pagina dell’Ospedale Niguarda, tra i più grandi d’Europa, che annuncia il monitoraggio ma non offre alcun documento, “il link attualmente non è censito” avverte la pagina del “Monzino”. Siamo “in attesa” delle liste d’attesa.