29/03/2023
da Left
Il rapporto di Amnesty International sui diritti umani svela un sistema dei "doppi standard”. La reazione internazionale all'invasione russa dell'Ucraina e alla crisi umanitaria dei profughi è stata "robusta e apprezzabile”. Ma in altri conflitti, come in Myanmar e in Etiopia è stata "vergognosa”. Servono meno ipocrisia, meno cinismo, più coerenza
La risposta della comunità internazionale «all’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia» e alla crisi umanitaria che questa ha provocato è stata «robusta e apprezzabile» ma ha anche svelato un sistema di “doppi standard”. Dal Myanmar all’Etiopia, diverse sono state le situazioni di conflitto che hanno avuto infatti una risposta “vergognosa” da parte del sistema internazionale. È la fotografia scattata dal Rapporto 2022-2023. La situazione dei diritti umani nel mondo, presentato in queste ore da Amnesty International e pubblicato in Italia da Infinito Edizioni.
In una nota, l’organizzazione premette che l’offensiva russa in Ucraina «ha provocato non solo sfollamenti di massa, crimini di guerra e insicurezza alimentare ed energetica a livello globale, ma ha anche sollevato il tremendo spettro di una guerra nucleare». La risposta alla guerra, prosegue Amnesty, «è stata rapida: gli Stati occidentali hanno imposto sanzioni economiche a Mosca e inviato assistenza militare a Kyiv, la Corte penale internazionale ha avviato un’indagine sui crimini di guerra in Ucraina e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha condannato l’invasione russa come atto di aggressione». Tuttavia, denuncia il rapporto dell’ong, «questo robusto e apprezzabile approccio è risultato in profondo contrasto con precedenti risposte a massicce violazioni dei diritti umani commesse dalla Russia e da altri stati e con la vergognosa risposta in atto a conflitti come quelli in Etiopia e Myanmar».
L’anno scorso il Paese africano è stato teatro, per il secondo anno di fila, di un conflitto nel nord poi terminato con un accordo per la cessazione delle ostilità raggiunto dalle parti belligeranti lo scorso novembre. In circa due anni di guerra sarebbero morte circa 600mila persone stando alle stime del capo mediatore dell’Unione Africana nel conflitto, l’ex presidente della Nigeria Olusegun Obasanjo. Anche in Myanmar nel 2022 è proseguita la crisi cominciata con un colpo di Stato che si è verificato nel febbraio 2021. Nel Paese va avanti da mesi anche un conflitto fra le forze armate e le milizie di base nei vari Stati etnici del Paese.
Se il sistema messo in moto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina «avesse funzionato per chiamare la Russia a rendere conto dei crimini commessi in Cecenia e in Siria, allora come oggi migliaia di vite avrebbero potuto essere salvate, in Ucraina e altrove. Invece, abbiamo altra sofferenza e altre devastazioni», ha affermato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. «Se la guerra di aggressione russa ha dimostrato qualcosa per il futuro del mondo, è l’importanza di un ordine internazionale basato su regole efficaci e applicate in modo coerente. Tutti gli Stati devono raddoppiare gli sforzi nella direzione di un nuovo ordine basato sulle regole a beneficio di tutte le persone, ovunque».
Le reazioni della comunità internazionali davanti a violazioni e abusi sono emerse in modo evidente anche nella Cisgiordania occupata, secondo quanto riporta Amnesty. Per i palestinesi che vivono in questa regione «il 2022 è stato uno degli anni più mortali da quando, nel 2006, le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare i numeri delle vittime: lo scorso anno sono stati 151 i palestinesi uccisi, tra i quali decine di minorenni, dalle forze israeliane. Queste hanno anche continuato a espellere i palestinesi dalle loro case. Il governo israeliano ha in programma una grande espansione degli insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata. Invece di chiedere la fine del sistema israeliano di apartheid- si denuncia -, molti Stati occidentali hanno scelto di attaccare i promotori di tale richiesta». Doppi standard anche nella gestione dei flussi migratori, come si osserva negli Stati Uniti e in Unione europea.
«Gli Usa – afferma Amnesty – hanno condannato ad alta voce le violazioni dei diritti umani russe in Ucraina e hanno accolto decine di migliaia di ucraine e ucraini in fuga dalla guerra; ma le loro politiche e prassi razziste contro i neri hanno causato l’espulsione, tra il settembre 2021 e il maggio 2022, di oltre 25mila persone fuggite da Haiti, sottoponendo molte di esse a torture e ad altri maltrattamenti. Gli Stati dell’Unione europea – continua la ong – hanno aperto le frontiere alle persone in fuga dall’Ucraina dimostrando di essere, in quanto uno dei raggruppamenti più ricchi al mondo, più che in grado di ricevere grandi numeri di persone in cerca di salvezza e di dar loro l’accesso alla salute, all’educazione e all’alloggio. Al contrario, molti di quegli Stati hanno chiuso le porte a chi fuggiva dalla guerra e dalla repressione in Siria, Afghanistan e Libia».
«Le risposte all’invasione russa dell’Ucraina ci hanno detto qualcosa su ciò che si può fare quando c’è la volontà politica di farlo: condanna globale, indagini sui crimini, frontiere aperte ai rifugiati. Quelle risposte devono essere un manuale su come affrontare tutte le massicce violazioni dei diritti umani», ha sottolineato Callamard nella nota. Stando a quanto emerge dal rapporto di Amnesty, «i doppi standard dell’Occidente hanno poi rafforzato Stati come la Cina e consentito a Egitto e Arabia Saudita di evadere, ignorare o respingere le critiche sulla loro situazione dei diritti umani. Nonostante le massicce violazioni dei diritti umani, equivalenti a crimini contro l’umanità, nei confronti degli uiguri e di altre minoranze musulmane – spiega l’organizzazione -, Pechino è riuscita a eludere le condanne, a livello internazionale, da parte dell’Assemblea generale, del Consiglio di sicurezza e del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite».
«Gli Stati applicano le norme sui diritti umani caso per caso, mostrando in modo sbalorditivo la loro clamorosa ipocrisia e i doppi standard. Non possono criticare le violazioni dei diritti umani in un luogo e, un minuto dopo, perdonare situazioni analoghe in un altro solo perché sono in ballo i loro interessi. Tutto questo è incomprensibile e minaccia l’intera struttura dei diritti umani universali», ha aggiunto Callamard. «C’è anche bisogno che gli Stati che finora hanno esitato assumano una chiara posizione contro le violazioni dei diritti umani ovunque si verificano. Servono meno ipocrisia, meno cinismo, più coerenza, più azione basata sull’ambizione e sui principi da parte di tutti gli Stati per promuovere e proteggere tutti i diritti», ha concluso la massima dirigente di Amnesty.
Non serve aggiungere altro, vero?