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Renzi che se ne scappa e Calenda lasciato solo a spalare le macerie

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04/04/2023

da Left

Giulio Cavalli

Le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia certificano l'ennesima disfatta del cosiddetto Terzo polo, un'invenzione letteraria di alcuni giornali che non legge quasi nessuno

In politica e in democrazia accade così: contano i numeri. Possono esserci quintali di editoriali o decine di testimonial presunti competenti ma i voti certificano il peso degli attori in campo. Anche quando vince qualcuno che può non piacerci dovremmo ricordarci che i voti sono ancora il primo vero argine a un’oligarchia che vorrebbe istituzionalizzarsi. Non è un caso che a ogni elezione, che sia locale o regionale o nazionale, vengono smutandati decine di presunti esperti di politica e decine di presunti leader.

Le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia per esempio certificano che le regioni del nord sono di destra, come quasi tutto il resto del Paese. Quelle regioni di destra per diversi motivi, primo su tutti l’appeal quasi nullo del centrosinistra che per anni ha inseguito il potere fottendosene dei voti. Quelle regioni sono di destra perché la Lega riesce (in Lombardia, in Veneto, in Friuli Venezia Giulia e in Piemonte) a sopravvivere nonostante Salvini. Quelle regioni sono di destra perché il centrosinistra spesso (Pd in primis) è apparso identico nei desideri con la considerevole differenza di non tirare i fili del governo. Ce ne vorranno parecchi di Majorino per cambiare l’immagine consolidata.

Le elezioni regionali di ieri peròci offrono spunti interessanti. Il primo è che Giorgia Meloni ha trainato il suo partito sull’onda delle ultime elezioni politiche ma la mancanza di una classe dirigente ritenuta capace e davvero radicata sul territorio si fa sentire. Così Salvini può esultare e appropriarsi di un vittoria che è ben poco sua: Fedriga, rieletto presidente della Regione, è la linea opposta di Salvini dentro la Lega e da solo con la sua lista pesa poco meno di tutta la Lega. Salvini ha perso il 16% rispetto alle regionali del 2018 e la lista personale di Fedriga ha guadagnato più dell’11%. Il ministro alle Infrastrutture e ai Ponti esulta ma sa benissimo che la fronda interna cresce giorno dopo giorno.

Elly Schlein per ora è un effetto più mediatico che politico quando si tratta di elezioni. È naturale che sia così: l’onda su Schlein è vincolata a un cambiamento reale del Pd che molti ora si aspettano nei fatti. Queste elezioni dicono pochissimo della nuova segretaria (anche se qualcuno già da oggi le userà contro di lei) ma confermano che l’aspettativa si consolida in voto solo di fronte a un concreto cambiamento. Schlein lo sa, sta lavorando proprio su questo. Resta da vedere se glielo permetteranno. Nel frattempo il M5s, che la neo segretaria del Pd considera partner affidabile per la costruzione del centrosinistra, continua a essere altalenante: avrebbe potuto essere determinante a Udine ma se n’è andato da solo.

Il cosiddetto Terzo polo è un’invenzione letteraria di alcuni giornali che non legge quasi nessuno. Essere superati in Friuli Venezia Giulia da una lista strampalata come quella che tiene insieme Italexit, Movimento 3V, Movimento Gilet Arancioni, Alister e Comitato Tutela Salute Pubblica Fvg significa essere i re degli incompetenti che vorrebbero dare patenti di incompetenza. L’analisi del voto di Carlo Calenda a caldo ieri sera (“Il risultato in #FVG è per noi deludente e purtroppo non si discosta da quello delle altre Regionali, elezioni più polarizzanti fra tutte e difficili per un partito di centro. Complimenti a Fedriga e tanta stima al nostro @MaranAlessandro, persona di grande qualità. Avanti e al lavoro”) è un capolavoro di inettitudine: dentro c’è la colpa data agli elettori e la sindrome del tennista che dà sempre la colpa alla racchetta. Che poche ore prima dell’ennesima disfatta (dopo la Lombardia e il Lazio) Matteo Renzi abbia deciso di “tirarsene fuori” spiegandoci che si sarebbe preso “una pausa” (una pausa televisiva, perché per lui la politica è poco più dell’apparire) conferma quello che si dice da tempo: Renzi e Calenda si scinderanno, uno andrà a destra e l’altro a sinistra, tutti e due stampelle pleonastiche di poli politici che esistono anche nel mondo reale.