11/04/2023
da Left
Il giorno di Pasqua una donna (perché dovrebbe essere una donna, oltre che madre, anche se molti se ne sono dimenticati) decide di affidare il proprio figlio alla Culla per la vita del Policlinico di Milano. Affidare, non abbandonare. La cura delle parole conta, la scelta delle parole conta. Non c’è nessun abbandono. Quella moderna ruota degli esposti sta lì per offrire la possibilità di scegliere di affidare in sicurezza un bambino.
Poiché in questo Paese la molla della maternità squarcia tutte le volte una poetica di passione e di dolore (non è nemmeno troppo difficile risalire all’origine dell’essere made con dolore) quel bambino (Enea, si legge in un foglietto di accompagnamento) diventa il dibattito del giorno. Siamo un Paese così. In un giorno in cui Silvio Berlusconi non peggiora, i politici non hanno occasione di dire cazzate perché sono impegnati con le vacanze pasquali e il campionato di calcio è fermo bisogna inventarsi la storia del giorno: eccolo, Enea.
Accade così che un gesto che avrebbe dovuto essere privato (non sappiamo se gioioso, doloroso, bisognoso, disperato, allegro: sicuramente privato) diventi una sfilata di sacerdoti della maternità. Anche il governo della Patria e della Famiglia concorre all’intossicazione generale. La giornata di editoriali di passione e di dolori immaginati di una donna di cui nessuno sa si infarciscono di sciocchezze gravissime (“la ricca Milano non può permettersi di lasciare una donna sola”, dice qualcuno, come se a Catanzaro invece possiamo serenamente fottercene) che si concludono con Ezio Greggio, quello del Gabibbo.
Greggio vede l’occasione ghiottissima e si butta a registrare un video: «torna ti prego, questo bambino è fantastico. Non è giusto che sia abbandonato, ti daremo una mano», dice Greggio. Ovviamente l’uomo (per puro caso un privilegiato) dà per scontato di conoscere le motivazioni dietro la scelta di una donna e si propone di diventarne il protettore. «Merita una mamma vera», dice Greggio, dando per scontato che le madri “vere” siano coloro che hanno partorito, con buona pace di migliaia di famiglie adottive. E infine la firma: zio Ezio.