19/04/2023
da Tag43
Hanno collezionato gaffe, polemiche e dossier irrisolti. Tanto da essere quasi commissariati da Palazzo Chigi. Calderone e i guai col reddito di cittadinanza, Pichetto Fratin ignorato dall’Ue, Piantedosi disastroso sui migranti, Urso tanto fumo e poco arrosto sul cuneo fiscale. I ministri più in difficoltà del governo Meloni.
Ogni governo ha la sua pena con i ministri barcollanti che creano problemi con gaffe e dossier irrisolti. E lo sa bene la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, alle prese con una compagine ministeriale tutt’altro che irreprensibile. Tanto che alla fine sta decidendo di “commissariare” gli anelli deboli della catena.
Calderone: fagocitata dai falchi sul reddito di cittadinanza
Il caso principale è quello della ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, presentata come una tecnica prestata alla politica che avrebbe dovuto fare la differenza durante l’insediamento. Era chiamata alla delicata mansione di riscrittura del Reddito di cittadinanza, uno degli scalpi più ambiti da portare agli elettori di Fratelli d’Italia e dell’intero centrodestra. La lotta ai presunti divanisti, i percettori del sussidio, non dovrebbe conoscere quartiere. Solo che la titolare del dossier, Calderone appunto, è risultata non pervenuta in questi primi mesi di legislatura. E quando si è mossa ha destato perplessità. La sua azione si è notata soprattutto per l’azzeramento dei vertici di Anpal servizi, da poco insediati, con lo scopo di avere un organigramma a sua immagine e somiglianza. Al posto della presidente Cristina Tajani è stato nominato il suo (ex) consulente, Massimo Temussi.
Ma l’intervento sul Rdc è stato un disastro: il decreto, con l’introduzione della Mia (Misura di inclusione attiva), è sparito dai radar dopo l’irritazione congiunta della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia di Giancarlo Giorgetti. Le bozze erano circolate senza alcuna condivisione: uno stile che non è stato gradito da Meloni, che ha così preteso di mettere mano in maniera indiretta alla riforma. Alla fine i due sottosegretari, Giovambattista Fazzolari e Alfredo Mantovano, hanno di fatto commissariato Calderone. E rimesso mano al testo che nelle prossime settimane dovrà essere approvato in Consiglio dei ministri, con la ministra costretta ad accettare la linea di Palazzo Chigi.
Pichetto Fratin: sui temi ambientali solo buchi nell’acqua
Ma il capostipite dei ministri in affanno è Gilberto Pichetto Fratin, titolare dell’Ambiente e della sicurezza energetica secondo la dicitura voluta dalla premier. Il bilancio è alquanto magro, specie sulle sfide da portare avanti nell’Unione europea. L’emblema è la direttiva sulle case green, ossia la necessità di abbattere la dispersione di energia negli edifici italiani che richiede una massiccia ristrutturazione. La posizione del ministro è passata pressoché inosservata: Bruxelles ha tirato dritto sul punto. Al momento non è prevista alcuna concessione.
Così come il pensionamento dei motori endotermici ha fatto segnare una bruciante battuta d’arresto per Pichetto Fratin: la strategia di allearsi con la Germania è durata qualche giorno, giusto il tempo per Berlino di portare a casa una deroga per gli e-fuels, i carburanti sintetici. Sui biocarburanti, chiesti dall’Italia, il ministro dell’Ambiente ha promesso ancora battaglia. Si attende di capire se l’esito sarà lo stesso. Anche per questo nel governo c’è chi ha pensato di affiancarlo con profili di maggiore fiducia e peso politico, come il ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto. C’è un problema: l’ex eurodeputato non può seguire tutto, avendo tra le mani già il compito di attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Piantedosi: strategia comunicativa disastrosa dopo Cutro
Non se la passa meglio il numero uno del Viminale, Matteo Piantedosi, nonostante il leader della Lega Matteo Salvini sia il suo nume tutelare. La gestione comunicativa della tragedia di Cutro è un macigno sul curriculum del ministro dell’Interno. La difesa dalla richiesta di dimissioni ha rappresentato per Meloni un atto dovuto, proprio per scongiurare tensioni con i leghisti. Avrebbe peraltro aperto un problema: rimettere mano alla squadra di governo dopo pochi mesi. Anche in questo caso, però, i dossier più importanti sono stati avocati e portati direttamente a Palazzo Chigi, sotto la supervisione di Mantovano che conosce bene la macchina del Viminale. È già stato sottosegretario sotto la guida prima di Claudio Scajola e poi di Giuseppe Pisanu, durante il governo Berlusconi II.
Urso: troppi annunci e poche azioni, la palla passa a Giorgetti
Il borsino governativo dà poi in ribasso le quotazioni di Adolfo Urso, chiamato a gestire il Ministero del Made in Italy, un pezzo importante della strategia economica del Paese. Troppi annunci e poche azioni, è l’analisi sull’operato dell’ex presidente del Copasir, che pure non è proprio un debuttante in politica. Sul taglio del cuneo fiscale ha parlato tante volte dal suo insediamento, trattandosi di un’altra misura centrale, e alla fine il boccino è finito nelle mani di Giorgetti, che ha previsto la riforma nel Documento di economia e finanza (Def). Lasciando intendere che la partita più importante si giocherà proprio al dicastero di via XX Settembre. Così come Urso si è lasciato andare a dichiarazioni su incentivi di vario tipo, dalla hi tech al ripopolamento dei borghi, senza dare seguito alle buone intenzioni. E su questo punto, nel governo è in buona compagnia.