25/04/2023
segretario del Partito della Rifondazione Comunista
Questo 25 aprile 2023 vede per la prima volta alla guida del governo una forza politica erede del fascismo che è diventata il primo partito in un paese in cui cresce sempre più l’astensione, soprattutto tra le classi popolari. Hanno vinto le elezioni senza avere la maggioranza perché 30 anni fa fu sciaguratamente cancellata la legge elettorale proporzionale che ci avevano lasciato i costituenti. La vittoria dell’estrema destra è la conseguenza di un trentennio di svuotamento della democrazia costituzionale, di politiche neoliberiste antipopolari, di distruzione delle culture politiche antifasciste. Gli errori degli apprendisti stregoni che hanno consegnato il paese a Giorgia Meloni non giustificano alcun atteggiamento di passività verso questo governo. Noi che quegli errori abbiamo denunciato e contrastato possiamo dirlo a voce alta. Non dobbiamo consentire a questa destra di negare e distorcere la storia, di offendere la memoria di chi ha combattuto per la Liberazione del paese dal nazifascismo. Non sono legittimati a farlo. Sono al governo, ma non sono al di sopra della Costituzione e della verità storica.
Per questo abbiamo promosso l’appello e la petizione on line per le dimissioni di Ignazio Benito La Russa dalla seconda carica dello stato dopo le gravi e ripetute affermazioni sull’azione partigiana di Via Rasella e sulle Fosse Ardeatine.
Chiediamo le dimissioni di La Russa perché non è accettabile che un così importante ruolo di garanzia, la presidenza del Senato, possa essere ricoperto da chi offende la Resistenza, l’antifascismo, la Costituzione. Invitiamo tutte le compagne e i compagni a continuare a far circolare la petizione on line anche in questa giornata in cui il Presidente del Senato si reca a Praga per tentare di mettere sullo stesso piano nazismo e comunismo, muovendosi sulla scia della sciagurata risoluzione anticomunista del Parlamento Europeo. E facciamo presente a tutta l’opinione pubblica democratica e antifascista che La Russa non si è mai scusato per quelle parole. Si tratta di una menzogna che Giorgia Meloni ha aggiunto a quelle di La Russa e comunque neanche le scuse sarebbero sufficienti.
Le continue esternazioni di esponenti del governo e della maggioranza esprimono una matrice neofascista da cui FdI e le destre italiane non intendono prendere nettamente le distanze. Bisogna contrastarle sul piano culturale, storico e politico. Bisogna dire no al revisionismo storico, fatto proprio troppo spesso anche dal centrosinistra, che ha aperto la strada alla “normalizzazione” del fascismo. Il proliferare di iniziative di gruppi neofascisti in violazione della XII disposizione della Costituzione è conseguenza della mancata applicazione delle norme anche da parte dei governi precedenti e della connivenza delle destre oggi al governo.
Oggi sentiamo il dovere di ribadire che trenta anni di anticomunismo hanno contribuito allo sdoganamento dei fascisti e hanno reciso le radici della nostra democrazia. Come raccontò il nostro compagno Citto Maselli in uno dei più bei film politici di tutti i tempi, Il Sospetto con Gian Maria Volontè, i comunisti continuarono a preparare la riscossa contro il fascismo nei lunghi anni del regime riempiendo le galere. Tra i 4.671 condannati dal Tribunale speciale fascista, 4.030 erano militanti del partito comunista. Uno di loro, Umberto Terracini, compagno di Gramsci fin dai tempi dell’Ordine Nuovo, subirà la condanna più pesante e dopo la Liberazione diventerà presidente dell’Assemblea Costituente. La sua firma in calce alla Costituzione sancisce il ruolo svolto dai comunisti nella costruzione della democrazia in Italia. Chi ha alimentato l’anticomunismo porta grandi responsabilità nella rinascita dei fascismi in Europa e non solo. Questo governo vuole trasformare l’anticomunismo in ideologia di stato, ma lo fa su un terreno preparato da lungo tempo dai neoliberisti di ogni tendenza. Avevano visto giusto nel 1989-1991 partigiane e partigiani, da Giovanni Pesce a Bianca Braccitorsi, che si impegnarono per dire no alla liquidazione di una storia e nella costruzione del nostro partito.
Bisogna però avere la consapevolezza che non è sufficiente soltanto l’imprescindibile difesa della storia e della memoria.
Siamo oggi nelle piazze con l’Anpi, presidio di democrazia, per dire NO ai tentativi di stravolgere definitivamente la Costituzione nata dalla Resistenza con l’autonomia differenziata e il presidenzialismo.
Solo un antifascismo popolare e l’impegno per l’attuazione della Costituzione possono contrastare un governo di ultradestra, reazionario, classista e guerrafondaio.
Innanzitutto bisogna dire no alla guerra, all’invio di armi, all’aumento delle spese militari. Giorgia Meloni e i suoi camerati sono stati sdoganati dagli USA e dall’UE perché allineati con le scelte di guerra della NATO come i precedenti governi. Il ripudio della guerra, sancito dall’articolo 11 della Costituzione, è stato da tempo cestinato anche dall’opposizione di centrosinistra. La nostra Costituzione è pacifista. Chiediamo che l’Italia si impegni in un ruolo di mediazione per una soluzione pacifica del conflitto e che i nostri soldi vengano spesi per la sanità, la scuola, la solidarietà. La nuova guerra fredda è diventata calda e l’estrema destra in tutta Europa viene arruolata. La nostra indimenticabile compagna partigiana Lidia Menapace ci ha lasciato in eredità uno slogan FUORI LA GUERRA DALLA STORIA purtroppo attualissimo mentre divampa il conflitto nel cuore dell’Europa.
Facciamo come in Francia. Il governo Meloni rappresenta la prosecuzione incattivita delle politiche antipopolari contrarie agli obiettivi sociali della nostra Costituzione dei governi precedenti. Un neoliberismo reazionario che ha come bersaglio i diritti civili e sociali, che coniuga xenofobia, razzismo, sessismo, omolesbobitransfobia insieme alla prepotenza dei ricchi e dei privilegiati. Precarizzazione ulteriore del lavoro e taglio del reddito di cittadinanza mostrano quale sia il modello sociale di questa destra.
C’è bisogno di una opposizione sociale e politica che lotti con coerenza per i diritti di chi lavora, per la piena occupazione, per il diritto al reddito, alla salute, alla casa, allo studio, per tutte/i. Solo così l’antifascismo ritrova le sue radici. Dalla classe lavoratrice francese viene un esempio di lotta che va raccolto.
Al tentativo di spaccare l’Italia e al tempo stesso di imporre un modello autoritario bisogna rispondere rilanciando la lotta e le proposte per la giustizia sociale e ambientale, per la sanità e la scuola pubbliche, per porre fine alla vergogna dei salari da fame, per il diritto al lavoro, al reddito, alla casa, per la difesa delle libertà e il riconoscimento dei diritti di tutte/i. A chi vuole dividere chi sta in basso bisogna rispondere ricordando la nostra compagna partigiana Tina Costa al pride romano.
Noi di Rifondazione Comunista proseguiamo nell’impegno di costruire con Unione Popolare un’aggregazione popolare, antifascista e pacifista che si batta per l’attuazione della Costituzione, lavoriamo per la convergenza dei movimenti sociali, e per il massimo di unità nelle battaglie democratiche e antifasciste a partire dal no all’autonomia differenziata.
Siamo partigiane/i della Costituzione nata dalla Resistenza e in questo 25 aprile rilanciamo le attualissime le parole dello slogan dei grandi scioperi operai del marzo 1943 che rappresentarono la prima pagina della Resistenza italiana: PANE, PACE, LIBERTA’.