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14.07.2017
La realtà di un paese sempre più sofferente, ingiusto e diseguale: è questo che emerge continuamente da ricerche e statistiche, oltre che dalla quotidiana esperienza di ognuno.
Solo 2 giorni fa il dato di 307mila famiglie milionarie, l’1,2% che detengono il 20,9% della ricchezza finanziaria, con la previsione che nei prossimi 4 anni cresceranno e la quota di ricchezza nelle loro mani raggiungerà quasi un quarto del totale.
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Oggi i dati Istat sulla povertà, che cresce ancora, e come era già successo l’anno scorso fa registrare i numeri più alti mai raggiunti dal 2005, cioè dall'inizio delle serie storiche.
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Le persone in condizione di povertà assoluta sono 4 milioni e 742 mila, 150 mila in più rispetto al 2015. Quelle in povertà relativa passano da 8 milioni e 307 mila a 8 milioni e 465 mila. La povertà assoluta passa in un anno dal 19,8% al 23,2% tra le persone in cerca di occupazione, triplica rispetto al 2005 nelle famiglie in cui la persona di riferimento ha meno di 35 anni, ed è doppia rispetto alla media se è un operaio.
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La realtà smentisce ogni propaganda sul superamento della crisi e sulla bontà delle politiche fatte in questi anni.
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Le misure di contrasto alla povertà già presenti nella legge di stabilità del 2015 e poi sistematizzate con quella del 2016 non hanno avuto alcuna efficacia, per le risorse ridicole messe in campo. E come non vedere la connessione tra le politiche per il lavoro e questi dati? Si conferma quello che diciamo da tempo sugli effetti del Jobs Act: gli aumenti dell’occupazione concentrati nella fascia degli over 50 dipendono dalla controriforma Fornero delle pensioni che blocca l’accesso al lavoro dei più giovani. Per questi c’è la disoccupazione o il lavoro sempre più precario e sottopagato.
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E’ il fallimento delle politiche liberiste dei governi Renzi-Gentiloni con quasi 40 miliardi di sgravi e incentivi alle imprese, tagli delle tasse per i più ricchi, precarizzazione del lavoro, nessuna reale misura di contrasto alla povertà mentre continuano i tagli al welfare, alla sanità come al fondo per le politiche sociali.
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La condizione drammatica del paese chiede una svolta radicale: da un ruolo diretto dello Stato nel creare occupazione al reddito minimo, dalla cancellazione della Fornero al rilancio del welfare, con una radicale riforma fiscale che ripristini la progressività delle imposte e istituisca una patrimoniale sulle grandi ricchezze.
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E’ il programma minimo per una sinistra che voglia davvero costruire una alternativa. In fretta, perché dietro ai numeri ci sono le vite impossibili di troppo persone.