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Quanto costa la guerra Russia-Ucraina? Le cifre del Financial Times per le aziende europee

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Cento miliardi di euro di perdite è il costo della guerra russo-ucraina per le imprese europee che hanno filiali e fanno (o facevano) affari con la Russia. È questo, secondo una stima del Financial Times, l’impatto in termini di perdite dirette che hanno subito le aziende europee da quando Vladimir Putin ha scatenato la sua campagna di aggressione contro Kiev. L’indagine del quotidiano della City londinese è stata condotta sui bilanci di un campione di 600 società operanti in vari settori e di tutti i principali Paesi europei. I bilancio del 2023 indicano che almeno 176 imprese hanno subito rilevanti perdite dirette, costi di cambio superiori al normale o altre spese impreviste come conseguenza della vendita o della chiusura, anche parziale, della propria presenza in Russia.

Nell’energia perdite per 40 miliardi, compensate dai maggiori profitti

I dati del Financial Times non comprendono i costi macroeconomici indiretti della guerra russo-ucraina, ad esempio il rialzo dei costi dell’energia e delle materie prime. Le perdite maggiori si sono dunque concentrati in pochi e ben delimitati settori. L’onere maggiore lo hanno sopportato alcuni grandi gruppi petroliferi, come British Petroleum, Shell e Total che hanno subito un aggravio di costi complessivo pari a 40,6 miliardi di euro. Perdite che del resto sono state più che compensate dalla crescita dei prezzi di gas e petrolio che ha fatto esplodere l’utile complessivo di queste tre società a 95 miliardi di euro. Anche i titoli legati al mondo della difesa hanno conosciuto un vero e proprio boom di Borsa.

Il rischio espropri e il divieto di pagamento dei dividendi

Tra gli altri settori maggiormente colpiti ci sono le utilities, che hanno subito un danno quantificabile in 14,7 miliardi di euro e il settore industriale, compresa l’industria dell’auto con oltre 13,6 miliardi di euro di minori introiti. Il settore finanziario, banche e assicurazioni, ha subito un colpida 17,5 miliardi sotto forma di crediti inesigibili o in sofferenza. La decisione assunta da Mosca di prendere il controllo del settore delle attività di importazione di gas naturale di società come Fortum e Aprile, seguita dall’esproprio di Danone e Carlsberg il mese scorso, dà l’idea che il peggio debba ancora arrivare, suggeriscono molti analisti interpellati dal quotidiano britannico. Oltre il 50% delle 1.871 imprese operanti in russia prima della guerra sono ancora in attività, secondo i dati della Kiev School of Economics. Tra le maggiori società estere ancora presenti in Russia figurano il gruppo bancario italiano Unicredit, quello austriaco Raiffeisen, la svizzera Nestlè e la britannica Unilever. «Anche se una società perde molto denaro lasciando il mercato russo, quelle che decidono di rimanere rischiano perdite ancora maggiori», afferma un analista. Questo perché è aumentato il rischio di espropri più o meno arbitrari, mentre è diventato pressoché impossibile distribuire dividendi generati dalle attività in Russia.

In Italia quasi azzerati flussi commerciali per un totale di 20 miliardi

Per quanto riguarda l’Italia, secondo i dati pubblicati dall’Agenzia ICE (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), erano circa 300 le aziende italiane che fanno affari diretti con la Russia, generando un interscambio di oltre 4 miliardi di euro nei primi undici mesi del 2021. L’Italia esportava verso il paese di Putin più di 7 miliardi di euro di prodotti e ne importava per 12,6 miliardi. Fra le importazioni di prodotti russi in Italia, le voci che pesavano di più erano gas e materie prime. Russia e Ucraina sono inoltre fra i principali fornitori al mondo di grano e mais. L’Italia importa ogni anno circa 120 milioni di chili di grano dall’Ucraina e altri 100 milioni ne importa dalla Russia. Al di là dell’import/export, la Russia giocava un ruolo cruciale nell’economia italiana: era infatti la seconda nazione per shopping nel nostro Paese, con 13% di acquisti sul totale nazionale. Oggi tutti questi flussi risultano pressoché azzerati.

07/08/2023

da Il Corriere

di Marco Sabella