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Cinque anni di balle sul Reddito di cittadinanza

Cinque anni di balle sul Reddito di cittadinanza

Ora che salta il Reddito di cittadinanza viene fuori la prova di cinque anni di balle delle destre.

Venerdì 28 luglio, 169mila famiglie in tutta Italia hanno ricevuto un sms con cui l’Inps le avvisava della sospensione del Reddito di cittadinanza. Ciò per effetto delle previsioni dell’ultima legge di Bilancio, con cui il governo Meloni ha deciso che quest’anno per i cosiddetti “occupabili” il sussidio sarebbe durato solo 7 mesi. In seguito, con il decreto Lavoro l’esecutivo ha abolito il Rdc sostituendolo con due diversi strumenti: l’Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro, quest’ultimo riservato proprio ai suddetti “occupabili”.

ORA CHE SALTA IL REDDITO DI CITTADINANZA VIENE FUORI LA PROVA DI CINQUE ANNI DI BALLE DELLE DESTRE

Il governo ha posto fine alla misura varata nel 2019 dal Conte I dopo anni di “bombardamento mediatico”: difatti, pur avendo avuto un ruolo fondamentale durante la pandemia (secondo l’Istat ha evitato un milione di poveri in più), il provvedimento è stato dipinto come la causa di tutti i mali italici. Troppo spesso, ciò è avvenuto senza tenere conto dei numeri ufficiali che disegnavano un’altra realtà. Vediamoli di seguito.

CON STOP AL SUSSIDIO STANNO TORNANDO GLI STAGIONALI. MA NON È VERO

In questi giorni, molti organi di stampa hanno scritto che dopo lo stop al Reddito di cittadinanza stanno tornando gli stagionali. Basta consultare i dati dell’“Osservatorio sul precariato” dell’Inps, però, per accorgersi che dopo l’introduzione del Rdc il loro numero è costantemente aumentato, fino a superare il milione. Nel 2018, quando la misura non esisteva, furono assunti 654.498 stagionali; l’anno dopo il loro numero è salito a 759.094. Anche nel 2020, malgrado la pandemia, i contratti stagionali hanno superato quelli di due anni prima: 656.745. Nel 2021 questi sono stati 924.202. Nel 2022 si è registrato il record di lavoratori stagionali: 1.018.089.

ANCHE SULLE TRUFFE I NUMERI RACCONTANO TUTT’ALTRA VERITÀ

Anche sulle truffe sul Reddito di cittadinanza, i numeri raccontano tutt’altra verità rispetto al mainstream. Secondo quelli della Guardia di Finanza esposti la settimana scorsa dal governo in Senato, i contributi indebitamente percepiti o indebitamente richiesti da quando il provvedimento è entrato in vigore sono stati pari a 506 milioni di euro, ossia l’1,6% dell’intero importo (oltre 31,5 miliardi). I percettori irregolari, invece, hanno rappresentato poco meno dell’1%: 37mila su circa 4 milioni totali. Due giorni fa, su Repubblica, Pasquale Tridico ha fatto notare come “altri fenomeni fraudolenti hanno dimensioni di gran lunga superiore al Rdc in termini di irregolarità”. L’ex presidente dell’Inps ha citato “l’utilizzo improprio della cassa integrazione di emergenza (sono state intercettate 3.000 aziende irregolari tra il 2020 e il ’21) e l’evasione contributiva che è pari a circa 25 miliardi di euro annui, ovvero il 10% dei contributi versati”. Lo stesso Tridico, quand’era a capo dell’Istituto, ha dato vita ad una direzione antifrode che ha evitato mancati esborsi a circa 3 milioni di domande, per un valore di 11 miliardi di euro non pagati.

NON È UN ASSEGNO VITALIZIO

Contrariamente alla narrazione dominante, dire che il Reddito di cittadinanza è un “assegno vitalizio” è falso. Difatti, i dati dimostrano una mobilità sostenuta: il tasso di sostituzione del Rdc – entrate e uscite – è di circa il 50%. Le permanenze sono soprattutto di chi ha maggiore distanza dal mercato del lavoro: minori, anziani, disabili e soggetti che non presentano rapporti di lavoro negli ultimi anni o che non ne hanno mai avuti.

I DATI DELL’INDAGINE DELLA CORTE DEI CONTI SMONTA LA TEORIA DEI “DIVANISTI”

I dati dell’indagine della Corte dei conti sul “Funzionamento dei centri per l’impiego nell’ottica dello sviluppo del mercato del lavoro”, aggiornati a ottobre 2020, smontano la teoria dei “divanisti”: 352mila percettori di Rdc hanno trovato un’occupazione, 54mila dei quali a tempo indeterminato. Inoltre, circa 200mila lavoratori percepivano il sussidio ad integrazione di un basso salario (cd. working poor). Non a caso, in studio di febbraio 2022 l’Inapp ha asserito che sarebbe bastato aumentare gli stipendi (magari fissando un salario minimo, ndr) per ridurre il numero dei beneficiari.

TRADITA LA PROMESSA DEI CORSI DI FORMAZIONE

Come detto, con l’ultima Manovra il governo Meloni ha messo nel mirino gli “occupabili”, circa 600mila percettori di Rdc che nel 70,8% dei casi hanno un titolo di studio che non supera la terza media e la cui età avanzata li rende difficilmente ricollocabili in tempi brevi: 188mila sono over 50 e soltanto uno su 10 è pronto per rientrare subito nel mondo del lavoro. Tradita la promessa dei corsi di formazione per tutti (finora mai attivati), l’unica certezza è che ora essi perderanno il sussidio.

MAI COMPLETATO IL PIANO DI POTENZIAMENTO DEI CENTRI PER L’IMPIEGO

Ricollegandoci a quest’ultimo punto, va ricordato che nel 2019, per accompagnare l’introduzione del Rdc e avvicinare l’Italia agli standard degli altri Paesi europei, il governo Conte I varò un Piano di potenziamento dei Centri per l’impiego prevedendo l’assunzione di 11.600 nuovi operatori in tutta la Penisola. Le Regioni, 15 delle quali governate dal Centrodestra, avrebbero dovuto completare il Piano – per la cui realizzazione fu stanziato 1 miliardo – entro il 2021. A fine 2022, secondo i dati del Ministero del Lavoro, erano state inserite nei Cpi solo 4.327 unità di personale (37%), con 4 Regioni ancora ferme a zero: Basilicata, Calabria, Molise e Sicilia.

Se escludiamo quelli che prendono il Reddito di cittadinanza in modo “indiretto”, ossia come componenti di un nucleo familiare, i giovani fra i 18 e i 29 anni beneficiari del sussidio in forma “autonoma” sono circa l’1,5% del totale. E ancora: secondo la nota dell’Anpal di aprile 2022, tra i giovanissimi occupati e beneficiari la quota di chi lavora con contratto a tempo indeterminato o di apprendistato è del 50,6%. Individui che, dunque, prendevano il Rdc per integrare lo stipendio.

LE RESTRIZIONI AL RDC POTREBBERO AVERE UN IMPATTO NEGATIVO SUI CONSUMI

Il Reddito di cittadinanza ha rappresentato un’àncora di salvataggio per milioni di persone, tra cui molti minori e disabili. I percettori dovevano spendere l’importo caricato sulla card entro un mese (solo una minima parte poteva essere prelevata in contanti) per l’acquisto di beni di prima necessità. Per l’Inps, il 41,5% di essi lo ha riversato principalmente sui consumi e il 39,4% lo ha usato per risanare i debiti. A tal proposito, nei giorni scorsi Confesercenti ha lanciato l’allarme: le restrizioni al Rdc potrebbero avere un impatto negativo sui consumi, circa un miliardo in meno all’anno.

NON È UNA MISURA ESCLUSIVAMENTE APPANNAGGIO DEL SUD

Come abbiamo già avuto modo di scrivere su questo giornale, il Reddito di cittadinanza non è una misura esclusivamente appannaggio del Sud: nel mese di ottobre 2022, per esempio, nel Centro-Nord lo percepivano 751.379 persone. A Milano, il più ricco fra i grandi Comuni italiani con 31.777 euro pro capite, 63.065 individui avevano Reddito e Pensione di cittadinanza, il 41% di tutta la Lombardia (152.268 individui). A Torino invece c’erano 64.415 percettori, il 60,5% di tutto il Piemonte (106.302 individui).

NON CREA LAVORO NERO

Anche in questo caso, l’affermazione secondo cui “il Reddito di cittadinanza crea lavoro nero” non corrisponde al vero. Dati Istat alla mano, nel 2018, prima dell’introduzione della misura, i lavoratori irregolari in Italia erano 3 milioni 652mila; l’anno successivo, questi sono scesi di 57mila unità (3 milioni 586mila) e, ancora, nel 2020 si sono attestati a 2 milioni 926mila, -660mila rispetto al 2019. Da quando c’è il Rdc, dunque, nel nostro Paese si sono registrati 717mila lavoratori in nero in meno.

09/08/2023

da La Notizia

di Giorgio Velardi