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Cile a 50 anni da Pinochet gli autoritarismi senza pentimento

Cile a 50 anni da Pinochet gli autoritarismi senza pentimento

L’11 settembre di 50 anni fa il colpo di stato in Cile. Il rovesciamento del governo costituzionale di Allende, che aprì la strada alla feroce dittatura di Pinochet, e che influisce ancora oggi sul paese sudamericano. Una tragedia lacerante nella memoria di una parte del Paese.
Alla guida del paese, ora, c’è il presidente Gabriel Boric, il leader più progressista e di sinistra dai tempi di Allende e il primo che non è nato durante la dittatura né l’ha vissuta.

«Quando se gana (vince) con la derecha es la derecha che gana (vince)»

Un dipinto di Salvador Allende nel cortile dello studio del pittore cileno Efren Cortes

11 settembre 1973, verso sera in Italia

Un pomeriggio di settembre, è il giorno 11 e la notizia esplode lentamente, con lo scorrere dei dispacci approssimativi che corrono sulle telescriventi: sono datati Buenos Aires e si riferiscono a Santiago: «c’è un colpo di Stato in Cile». La bella ricostruzione su ISPI. L’altalena di conferme e di smentite continua sino a tarda sera, poi la notizia data per certa: «Allende è morto, il palazzo della Moneda semidistrutto, una giunta militare ha schiacciato il governo costituzionale».

In poche ore la tragedia cilena

Colpi di Stato e giunte militari sono in quell’epoca un binomio che si ripresenta con allarmante frequenza nella storia politica sudamericana, ‘giardino di casa’ statunitense, ‘coltivato’ senza neppure un po’ di ritegno. «Ma la tradizione democratica cilena si ergeva, sino ad allora, come un sipario a difesa dei timori, dei sospetti e delle preoccupazioni degli uomini liberi».  I militari cileni con forti sostegni esterni travolgono le libertà che hanno portato al governo del Paese il rappresentante dei partiti della sinistra uniti.

«Errori, incertezze, contraddizioni di quel governo e della opposizione democristiana non possono in alcun modo giustificare il piano del colpo di forza architettato altrove e che si è avvalso delle èlites militare in loco», denuncia Gilberto Bonalumi.

Il contesto del golpe in Cile

Il candidato della DC, Radomiro Tomic, alle elezioni del 4 settembre 1970 raccoglie solo il 27,8% dei voti contro il candidato di Unidad Popular Allende con il 36,3% mentre la destra di Alessandri guadagna il 34,9%. Era subito chiaro che il grosso dei voti moderati si era riversato sul candidato conservatore. L’alta e la media borghesia che avevano contribuito al successo elettorale di Frei nel 1964, non si fidavano più del candidato democristiano.

Inquietudini nell’esercito

Già nella primavera dell’anno precedente si erano avuti episodi gravi nell’esercito: il 21 novembre 1969 il generale Viaux fa ammutinare il reggimento Tacna. Un anno dopo, tra l’elezione popolare di Allende e la sua nomina alla presidenza della Repubblica, lo stesso Viaux sarà l’ispiratore del rapimento e assassinio del comandante in capo dell’esercito, generale René Schneider, responsabile agli occhi dei militari dalle vocazioni golpiste di non aver impedito l’accesso alla suprema guida del Paese di un uomo di fede marxista.

La presidenza Allende

L’elezione di Allende in Parlamento avviene due giorni dopo l’assassinio del generale Schneider. Votano a favore, oltre i deputati e senatori dei partiti di Unidad Popular, quelli della Democrazia Cristiana. Allende ottiene 153 voti; Alessandri 35. A Santiago del Cile era in corso un audace esperimento politico, con Allende che credeva nella possibilità legali e democratiche di profondi mutamenti del suo Paese, che alla vigilia del golpe avevano ancora uno spazio per un confronto duro ma libertario.

«Ma niente fu possibile a fronte di forze interne e internazionali che non accettavano nessun cambiamento escludendo masse emarginate da qualsiasi processo di sviluppo».

Il Cile di 50 anni fa

Un Paese e un popolo prigionieri di un atavico sottosviluppo tra capitalismo-povertà e democrazia. Alcuni dati di quel periodo: il 10% dei cileni controllava il 60% del reddito nazionale; prima della riforma agraria iniziata dal governo democristiano di Frei il 3% della popolazione possedeva l’80% delle terre coltivabili; reddito annuale pro capite sui 200 dollari. E la moneta cilena si è svalutata cinquemila volte negli ultimi 40 anni.

Le riforme democristiane

Il democristiano Frei terminò il suo mandato in tono minore rispetto alle speranze della ‘rivoluzione nella libertà’ promesse, ma aveva aperto una breccia importante con la riforma agraria e con la nazionalizzazione del rame contro le minoranze capitalistiche che governavano il Cile. Da ricordare anche l’azione in politica estera di Gabriel Valdes, che denunciò l’invasione dei marines statunitensi nella repubblica di Santo Domingo nel 1967.

Il golpe spazza via il sistema politico

Diversi schieramenti, diverse alternative ideologiche, ma una parte di intenti comuni. Significativa la perorazione del democristiano Tomic per il voto a favore di Allende: «Quando se gana (vince) con la derecha es la derecha che gana (vince)» (interessante riflessione da riproporre ancora oggi anche in italiano). Monito inascoltato da chi aveva tifato per un ‘Golpe bianco’ per rovesciare Allende a garanzia del vecchio assetto di potere. Ma il golpe si pone come obiettivo di distruzione dell’intero sistema politico. Chiara una allocuzione di Pinochet: «morirò io e il mio successore e non ci saranno elezioni».

Visto dall’Italia

L’Italia nel pieno del confronto politico tra Moro e Berlinguer seguì con grande interesse e solidarietà le vicende cilene. E il ricordo di Sergio Mattarella nella sede della nostra ambasciata in Cile che accolse centinaia di rifugiati. Bella l’immagine del presidente che mette una rosa rossa sullo stelo di Lumi Videla che gli uomini di Pinochet, dopo averla torturata fino alla morte, la gettarono nel giardino della nostra ambasciata cercando di mettere un’ombra su come i rifugiati convivevano tra di loro.

Relazioni molto intense allora tra dirigenti ed esponenti dei maggiori partiti italiani e cileni che appartenevano alle grandi famiglie internazionali: l’unione mondiale Dc, l’Internazionale socialista e i comunisti con i partiti più affini tra cui il Pci italiano.

Il Cile torna in piazza

La crisi che esplode con forza a partire dalla manifestazione popolare del 18 ottobre 2019, dunque, era stata a lungo e più volte annunciata. L’aumentare del costo della metropolitana è solo una delle scintille che danno fuoco alla rabbia sociale. Esplosiva la scelta del governo di destra di contrastare la corruzione dilagante con ‘corsi intensivi di etica’. E due evasori fiscali per milioni di dollari se la cavano con quattro anni di la libertà vigilata e una multa per metà delle imposte evase.

‘Oasi nella regione latinoamericana’

Questa esplosione di rabbia prende di sorpresa anche il presidente della Repubblica Sebastián Piñera, che solo qualche giorno prima aveva dichiarato che il Cile era un’oasi nella regione latinoamericana. Col Cile ancora regolato dalla Costituzione  voluta da Pinochet nel 1980, respinta lo scorso anno con un referendum, ma non ancora sostituita e di fatto, operativa ancora adesso.

Pinochet e il fascismo dei ‘mai morti’

Ma il dibattito in Cile su questi avvenimenti vede Pinochet non totalmente condannato in tutta la sua estensione, avverte Gilberto Bonalumi, senior Adviser ISPI, ed ex sottosegretario esteri in anni lontani. «Nei recenti sondaggi non c’è una visione consensuale di quello che successe e un terzo della popolazione diche che quell’11 settembre 1973 Pinochet liberò il Cile dal marxismo».

«Questo è il problema che sta dentro questa commemorazione dei cinquant’anni: in realtà non siamo andati avanti, al contrario abbiamo retrocesso e oggi i pinochettisti si difendono con totale impudenza».

Autoritaritarismi di ritorno, altri miti, stessi peccati

Trump ha sdoganato l’autoritarismo e si possono dire brutalità che sono accettabili. Fortunatamente l’attuale presidente del Cile Gabriel Boric definisce senza esitazioni Pinochet un dittatore il cui governo uccise, torturò, esiliò e fece scomparire chi la pensava diversamente. Nel finale della sua presidenza emerse il suo profilo di corrotto –Trump antesignano- e che fece di tutto per evadere dai meccanismi della giustizia.

11/09/2023

da Remocontro

rem