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Massimo Franchi
da il Manifesto
07.11.2017
COS’È SUCCESSO AL TAVOLO per rendere i sindacati così pessimisti? Molto semplicemente il governo ha confermato che si discuterà quasi «esclusivamente» delle categorie da esentare dall’innalzamento dell’età pensionabile, senza affrontare i tanti temi lasciati aperti dalla mancata conclusione della trattativa – lunga sei mesi – al ministero del Lavoro: dalle pensioni dei giovani al riconoscimento ai fini previdenziali del lavoro di cura delle donne. Solo qualche timida apertura sul tema della previdenza complementare: un possibile adeguamento della tassazione sui fondi e una riapertura del «silenzio-assenso» che – come nel 2007 – aumenterebbe il numero di lavoratori aderenti. ANCHE RIMANENDO AL CAPITOLO innalzamento dell’età pensionabile Cgil, Cisl e Uil non possono che essere delusi. La loro richiesta iniziale – il blocco dei cinque mesi previsti dal primo gennaio 2019 per tutti i lavoratori senza distinzione – era correlata a quella di ridiscutere l’intero meccanismo, a partire dal criterio di calcolo dell’aspettativa di vita e la sua applicazione alle età di pensione. Ebbene, anche su questo punto il governo ha candidamente ammesso che non è in possesso né esistono studi su quanto sia la reale aspettativa di vita a seconda delle categorie lavorative facendo di colpo decadere la frase – pronunciata dal ministro Maurizio Martina – che ha reso necessaria la trattativa: «Non tutti i lavori sono uguali, e non tutti i lavoratori hanno la stessa aspettativa di vita per le mansioni che fanno». Per ricostruire le aspettative di vita servirebbe un lavoro da parte di Istat e Inps lungo mesi. E per questo i sindacati – specie la Uil – spingono per aprire una trattativa senza il limite di tempo imposto dal governo: chiusura lunedì 13.