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Quando Cina a Russia si sfidavano

Quando Cina a Russia si sfidavano

Cina e Russia prima che il comune nemico occidentale le costringesse ad allearsi. Sfide con accenni di brevi guerre tra la Russia zarista e il Celeste Impero, poi l’Unione Sovietica e la Cina di Mao.
Per capire meglio l’andamento delle relazioni tra Russia e Cina è utile ripercorrere alcune tappe fondamentali quando entrambi i paesi erano due imperi e si contendevano l’egemonia in Asia orientale.
Le trasformazioni delle forme di governo ed altri eventi come due guerre mondiali e due rivoluzioni hanno giocato un ruolo determinante, ma – come spesso avviene – sotto traccia sembrano perpetuarsi antiche e secolari incomprensioni.

Celeste Impero al declino e quello degli Zar

I primi contrasti tra l’impero zarista e quello cinese si possono datare alla fine del XVII secolo quando le truppe zariste occuparono parte della Manciuria. La regione, popolata da tribù nomadi, era sotto influenza cinese e soprattutto era stata la terra d’origine della Dinastia Ching (o Qing), ultima dinastia imperiale, che dalla Manciuria aveva progressivamente esteso il controllo all’intero paese. Il secolo XIX rappresentò il declino cinese: stretta nella morsa del colonialismo occidentale a sud e dalla presenza russa a nord, debole sul piano militare, agitata da lotte interne e pressata anche dall’espansione giapponese ad est, la Cina fu costretta a sottoscrivere una serie di accordi internazionali – definiti ‘trattati ineguali’ – che ne ridimensionarono drasticamente ruolo, prestigio e presenza in Asia.
In pratica potenze occidentali si insediarono sulle coste cinesi, come nel caso britannico ad Hong Kong, e in seguito anche nell’interno grazie ad un assenso formale cinese espresso in vari trattati che in realtà poteva definirsi imposto se non addirittura estorto. La Russia zarista, che nel 1856 aveva occupato stabilmente parte della Manciuria esterna fino alla costa del Pacifico, ottenne così il riconoscimento della sua presenza.
Per quanto riguarda in generale i trattati, dalla creazione della Repubblica popolare cinese, essi divennero nella memoria collettiva una testimonianza del colonialismo e delle angherie subite: soprattutto Mao li ricordò come una pagina nera e, nonostante l’inizio delle relazioni con l’Unione Sovietica e i trattati di amicizia e cooperazione, fu sempre cauto, se non sospettoso, nei confronti di possibili ingerenze straniere, sovietiche comprese.

L’intervallo dell’invasione giapponese

Agli inizi del Novecento la Russia cercò di espandersi nuovamente in Manciuria scontrandosi però questa volta con il Giappone, la vera potenza emergente nel Pacifico. L’impero russo fu clamorosamente sconfitto nel 1905 proprio in Manciuria e ad esso subentrò quello giapponese. Privo di materie prime e alla ricerca di uno sviluppo economico a tutti i costi, il Giappone aveva così rivolto in seguito la propria attenzione alla Cina: nel 1931 fu occupata infatti la Manciuria e l’anno successivo fu proclamata la rinascita dell’impero cinese ponendo sul trono Pu Yi, ultimo discendente della dinastia mancese Ching.
Lo stato fantoccio chiamato Manciukuò, interamente controllato dai giapponesi, fu occupato nel 1945 dai sovietici che in precedenza però avevano fatto una scelta ambigua: avevano riconosciuto formalmente il Manciukuò – soprattutto temendo un attacco giapponese a oriente e quindi una guerra su due fronti –, ma avevano ottenuto in cambio il riconoscimento della repubblica di Mongolia. Facilmente intuibile come queste scelte spregiudicatamente realistiche riguardanti territori cinesi non fossero stata particolarmente gradite né tra i nazionalisti di Chiang Kai-shek, né tra i comunisti di Mao, anche se nel corso della guerra civile cinese i sovietici concessero che dai territori sotto il loro controllo arrivassero aiuti alle forze comuniste.
Di fatto dopo la sconfitta giapponese la guerra civile cinese continuò anche in Manciuria, ma alla fine un trattato internazionale tra Russia e Cina restituì parte degli antichi territori ai cinesi, compresa l’ex base navale russa di Port Arthur.

Dalla Guerra di Corea alla diplomazia del ‘ping pong’

Indubbiamente le potenze occidentali, già impegnate in Europa nella Guerra Fredda, videro nell’alleanza cino-sovietico ai tempi della guerra di Corea un ulteriore fattore di minaccia e del resto la fase iniziale della guerra era stata più che sfavorevole. In realtà le relazioni tra Cina Popolare ed Unione Sovietica erano meno salde di quello che appariva e soprattutto da parte sovietica si nascondeva un senso di superiorità al quale i cinesi rispondevano con un’amicizia di facciata. A mettere apertamente in crisi l’alleanza bastarono le scelte di Kruscev dopo il XX congresso e ben presto fu chiaro che dietro la disputa ideologica esistevano anche problemi di altra natura, come l’insofferenza nei confronti di una potenza – pur non apertamente nemica – che comunque poteva esercitare un’ingerenza.
A parte le intemperanze delle Guardie Rosse, un vero incidente fu quello avvenuto sul fiume Ussuri nel 1969, ancora una volta nel cuore dell’Asia, dove cinesi e russi si erano già scontrati nel XIX secolo: a rintuzzare l’esuberanza cinese fu sufficiente un energico intervento della guardia di frontiera sovietica e pochi anni dopo un altro episodio come la guerra tra Cina e Vietnam dimostrò che le forze armate di Pechino non erano pronte. Nel frattempo, per iniziativa di Henry Kissinger, nel rapporto tra Cina ed Unione Sovietica si era inserito quello con gli Stati Uniti, provocando reazioni furibonde a Mosca e agitazioni quasi ovunque. Di fatto il contenzioso russo-cinese per questioni di frontiera fu chiuso con accordi bilaterali e cessioni territoriali solo a partire dagli anni Novanta, ma il mondo ormai era cambiato.

24/09/2023

da Remocontro

Giovanni Punzo