06/11/2025
da La Notizia
E’ il diritto internazionale che “conta fino a un certo punto” (copyright Antonio Tajani). Le regole piegate alla contingenza – e alla convenienza – per ragioni politiche. Tanto per Israele, quando si trattava di giustificare l’abbordaggio illegale in acque internazionali delle imbarcazioni della Flotilla, quanto per il caso Almasri. Una vicenda iniziata male e finita peggio.
Con il generale libico accusato (e ricercato) dalla Corte penale dell’Aja, rispedito a Tripoli, dopo la scarcerazione, dal governo Meloni su un volo di Stato. Una figuraccia internazionale che ora assume i contorni del grottesco. Con l’arresto del generale, eseguito, alla fine, proprio dalla Libia. Dove si violeranno pure i diritti umani – anche in mare, con le motovedette gentilmente offerte dall’Italia alla cosiddetta Guardia costiera di Tripoli – ma le leggi internazionali contano evidentemente più che nel nostro Paese. Un colpo alla credibilità del governo Meloni, costretto ieri a raschiare il fondo del barile per sfornare l’ennesima versione e mettere un’altra toppa ad una falla ormai fuori controllo.
Le solite fonti di Palazzo Chigi – l’anonimato è d’obbligo quando è meglio non metterci la faccia – spiegano che l’Italia sapeva già dal 20 gennaio del mandato di cattura emesso dalla magistratura libica nei confronti di Almasri e che pertanto il governo ha deciso di rilasciarlo e rimpatriarlo, consapevole che ci fosse un ordine di arresto pendente su di lui anche nel suo Paese. Una versione che se non fa acqua da tutte le parti poco ci manca.
Primo: non si capisce perché non sia stata questa la versione ufficiale dell’esecutivo. E se fosse davvero la verità, sarebbe la conferma che le precedenti versioni propinate al Parlamento – e quindi al popolo italiano – erano delle balle. Secondo: se davvero il governo avesse deciso di rimpatriare Almasri perché a conoscenza dell’ordine d’arresto emesso a suo carico nel suo Paese, vorrebbe dire che ha ritenuto il mandato dei giudici libici prioritario rispetto a quello della Corte penale dell’Aja. Come la giri la giri, è la dimostrazione del teorema di Tajani: per questo governo il diritto internazionale conta, ma fino a un certo punto.

