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A cura dei comitati promotori
03.06.2017
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Petizione popolare. Riforme
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Come Comitato per la Democrazia Costituzionale abbiamo sempre auspicato una legge elettorale approvata da una larga maggioranza. Se si arriverà fino in fondo sarà un buon risultato. Abbiamo sempre auspicato un impianto nuovo che abbandonasse definitivamente il simil porcellum rappresentato dall’Italicum e anche questo va bene. Non possiamo tuttavia che dire con fermezza che non ci sta bene che il sistema tedesco venga cambiato togliendo la possibilità per l’elettore di dare due voti.
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Inoltre, dobbiamo purtroppo registrare il fatto che ancora una volta non si vuole in alcun modo dare la possibilità di scegliere i candidati nelle liste di partito con le preferenze. È inaccettabile che dal 2006 si eleggano parlamentari decisi dai capi partito e ora si preveda di perpetuare questo scempio per almeno un’altra legislatura. L’Italia ha bisogno di ridare ruolo e credibilità al parlamento e una delle condizioni principali è che gli elettori decidano chi eleggere. Per questo, anche se l’accordo sembra largo, noi non saremo mai d’accordo con scelte che condanneranno anche il prossimo parlamento ad essere subalterno ai capi partito. È una questione di democrazia e appare chiaro che è in campo un tentativo di fare dimenticare il referendum del 4 dicembre. La nostra autonomia ci consente di dissentire, criticare, insistere per cambiare questa norma. I parlamentari debbono essere scelti dagli elettori e a loro debbono rispondere. Inoltre, continueremo nella battaglia per dare il diritto agli elettori di scegliere un candidato nell’uninominale senza trasferire in automatico il loro voto sul partito, proprio come avviene in Germania. Altrimenti non chiamatelo sistema tedesco. I sistemi istituzionali non sono un supermercato da cui si può prendere quello che si preferisce; esiste un equilibrio complessivo, violando il quale i risultati possono essere diversi dalle previsioni.
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Come Comitato, auspichiamo che i cittadini vigilino sull’approvazione della nuova legge elettorale. Come si elegge la rappresentanza riguarda direttamente la vita delle persone. Se il parlamento li rappresenterà potrà affrontare i problemi in sintonia con il paese, altrimenti avremo tutti sorprese amare. Sia la legge elettorale che le eventuali elezioni anticipate debbono essere sotto i riflettori dell’opinione pubblica, come una sorta di secondo tempo del referendum, anche per evitare che qualcuno si rimangi il risultato del 4 dicembre. L’occasione è adesso, nel corso della prima Settimana della Costituzione: una settimana di eventi per diffondere la conoscenza della Costituzione e per dare la sveglia a chi ha una evidente repulsione a fare leggi elettorali che rispettino la sovranità e la volontà delle cittadine e dei cittadini.
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Le iniziative:
Udine: banchetti informativi sulla legge elettorale – oggi pomeriggio in gall. Bardelli; 10 mattina in v.le Vat; 24 pomeriggio gall. Bardelli.
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Padova: lunedì 5, ore 20,45, dibattito con T. Montanari – Sala L. Paladin, Palazzo Moroni, via VIII Febbraio 6.

Concorezzo: oggi, ore 10, laboratori per bambini, musica e dibattito con F. Besostri – Cortile della Corte Nuova.

Parma: domani 4, ore 15, teatro per bambini, musica, merende, prodotti agricoli a km0; alle ore 18 dibattito con M. Sentimenti – Casa Cantoniera, via Mantova 24.

Nestore Pira
da il Manifesto
02.06.2017
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Da Istanbul a Raqqa. "Cappuccio Rosso", in prima linea nel 2013 a Gezi Park contro il governo Erdogan, è morta in Siria: combatteva l’Isis con le Ypg kurde. La sua storia un filo che lega i mille spettri mediorientali
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C’è un lungo cammino che lega parco Gezi ad Istanbul alle piane attorno a Raqqa. Mentre nei giorni scorsi centinaia di persone marciavano nelle strade della Turchia in ricordo delle proteste di quattro anni fa, altri passi avevano condotto Ayse Deniz Karacagil, nome di battaglia Destan Temmuz, ben più lontano.
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PRIMA IN CARCERE con una condanna di 98 anni per associazione terroristica figlia della sua partecipazione alle proteste, a cui era scampata grazie ad uno scricchiolio nella macchina della repressione: scarcerata prima che la condanna potesse essere definitiva. Quindi via tra le montagne di Qandil, accolta nelle file del Pkk, unica fuga dal carcere a vita.
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Infine era giunta alle porte di Raqqa, “capitale” dello Stato Islamico, insieme ai volontari dello Ypg curdo. In quelle piane il lungo cammino di Ayse si è fermato il 29 maggio, ennesimo tributo di sangue versato nella guerra al Califfato.
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La sua figura di giovane combattente è stata immortalata da Zerocalcare nel libro Kobane Calling: la ragazza dal cappuccio rosso, indossato mentre gridava nei megafoni dalle piazze turche.

AYSE ERA STATA in prima linea durante le proteste di Gezi, insieme a milioni di persone. Otto di loro hanno lasciato la vita sui selciati cittadini e oggi sono ricordati in minuti luoghi di memoria sparsi nei quartieri.
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I loro nomi: Mehmet Ayvalitas, Abdullah Comert, Ethem Sarisuluk, Ali Ismail Korkmaz, Ahmet Atakan, Berkin Elvan, Burak Can Karamanoglu, Mehmet Istif, Elif Cermik. Gente scesa in piazza per proteggere un’area verde nel cuore di Istanbul, minuta, ma dall’enorme il valore simbolico.
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PERCHÉ QUELLE PROTESTE, inattese e veementi, avevano presto assunto significati che andavano ben oltre la difesa di alberi: reclamavano diritti e libertà, sotto un cielo al cui orizzonte già s’intravedevano addensarsi le nubi nere di ciò che sarebbe giunto.
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Molte parole sono state spese sull'eredità di quei giorni che vibravano di speranza e aspettative di cui oggi assistiamo ai sussulti, insopprimibili eppure fiacchi per una repressione che, anno dopo anno, si è fatta sempre più soffocante.
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Spesso ci si chiede se sia possibile una nuova Gezi, una nuova ondata di sdegno ed energia che possa liberare il paese dal pugno di ferro in cui il presidente Recep Tayyip Erdogan l’ha serrato.
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Probabilmente questo pugno di ferro è la più indesiderata delle eredità di parco Gezi. I passi della rivolta erano corsi veloci nelle strade, cogliendo impreparate le autorità che, dopo giorni di inerzia, avevano infine reagito nel solo modo in cui il potere sa rispondere: con la violenza.
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LE PAROLE DELLA RIVOLTA erano corse veloci sui social media, luogo allora pressoché inesplorato dal potere e verso cui avrebbe presto puntato il dito. L’intolleranza liberticida di oggi verso giornalisti, attivisti e cittadini, arrestati e condannati per aver scritto o parlato fuori dalle grazie del capo, si nutrono sì da una lunga tradizione nazionale di ostilità verso il libero pensiero, ma sono state acuite dallo choc subito dal potere proprio in quei giorni.
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Uno choc che il governo non vuole si ripeta e i 98 anni comminati ad Ayse ne sono lo specchio. Si è dotato di leggi speciali, di uno stato di emergenza che assomiglia sempre più a uno stato di diversa normalità; ha rivoltato lo Stato come un calzino per rendere la macchina letale e obbediente; ha riscritto la Costituzione a colpi di mercanteggiamenti in parlamento e schede invalide nelle urne referendarie.
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MA QUEL CHE È CAMBIATO, soprattutto, è nella testa della gente comune. I sogni continuano a vivere, ma la rivolta di parco Gezi allora correva sull’onda dell’entusiasmo di chi vede il cambiamento a portata di mano, la allunga per afferrarlo, convinta che i tempi siano maturi.
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OGGI SERVE IL CORAGGIO di ribattere colpo su colpo ad un potere che sfoggia disprezzo e solleva nuovi minareti in piazza Taksim, insultando così la sua stessa religione. Serve quel coraggio che, da parco Gezi, conduce fino alle piane di Raqqa.

15.07.2017

COMUNICATO STAMPA .

Il prossimo 19 luglio si riuniranno le Commissioni congiunte Lavoro e Affari Costituzionali del Senato per discutere delle modifiche da apportare alle regole sugli scioperi. Verosimilmente saranno unificate le proposte di Sacconi (AP-NCD) e di Ichino (PD). La novità? La proclamazione degli scioperi sarà riservata alle sigle sindacali con almeno il 50% di rappresentatività. Le proposte al momento riguardano il settore dei trasporti, ma è verosimile che si estenderanno agli altri servizi pubblici, a partire dalle restrizioni per le indizioni delle assemblee sindacali. Intanto, i lavoratori e i sindacati di base del trasporto pubblico si sono mobilitati, e continueranno a farlo, per diritti, salario e contratto, contro quelle liberalizzazioni e quelle privatizzazioni che sono la causa vera del peggioramento del servizio per i cittadini. Se la situazione dei trasporti per i cittadini è quella che è non è certo colpa degli scioperi, ma dei tagli decisi dai governi PD e di una gestione scriteriata. . La verità è che ad essere sotto attacco è lo stesso diritto di sciopero. In questo senso anche i sindacati confederali possono e devono opporsi insieme ai sindacati di base a queste ennesime misure pensate esclusivamente contro i diritti dei lavoratori. Dopodiché ricordiamo ad Ichino e Sacconi che lo sciopero è un diritto individuale e che, invece di volerlo ridurre, servirebbe finalmente una legge su rappresentanza e democrazia sindacale. Detto questo, sulla questione occorre costruire nel paese la massima mobilitazione e ci aspettiamo dagli esponenti di Sinistra Italiana, Mdp e Possibile una forte, chiara e visibile opposizione parlamentare contro le proposte di Ichino e Sacconi. Il diritto di sciopero non si tocca. . Enrico Flamini, Segreteria Nazionale Prc, Responsabile Lavoro

31.01.2017

Rifondazione Comunista aderisce alla manifestazione indetta dalla CGIL per il 17 giugno 2017 dalla Cgil per protestare contro "la rinascita" dei voucher.
La Federazione di Grosseto invita ,pertanto, alla massima mobilitazione degli iscritti e i simpatizzanti di tutta Provincia di Grosseto.
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Non possiamo certo accettare passivamente questa ennesima presa in giro contro un diritto dei cittadini - come quello di esprimersi in un referendum - sancito dalla Costituzione.
Non era mai accaduto nulla di simile nella storia della nostra Repubblica: approvare una legge (quella che abolisce i voucher) per evitare una consultazione referendaria, e poi riproporla il giorno prima della data in cui si sarebbe dovuto votare.
Il vergognoso imbroglio sui voucher mostra che in Italia ci sono due destre che quando si tratta di precarizzare il lavoro sono sempre unite
Il voto in commissione di Forza Italia e Lega a favore dell'emendamento truffa del PD ricorda anche ai più distratti che in questo paese dagli anni '90 questi signori hanno portato avanti la medesima agenda di pseudo-riforme neo liberiste che hanno progressivamente precarizzato l'intero mondo del lavoro, privatizzato a più non posso, fatto a pezzi lo stato sociale, impoverito la società, approvando insieme tutti i trattati europei che fanno finta di contestare".
Il Segretario provinciale di Grosseto
Maurizio Buzzani

Pubblicato il 28.05.2017
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Cosa sta realmente accadendo in Venezuela? Da oltre un mese, da quando sono iniziate le proteste e i disordini nelle strade delle città venezuelane, in base a un copione già visto, i grandi mass-media, diversi governi e forze politiche, alcune Ong ripetono: «Manifestanti pacifici massacrati dalla polizia e dai colectivos pro-regime».
In realtà non sono affatto pacifici molti dei manifestanti organizzati dalle destre con l’intento irresponsabile di destabilizzare il paese. Nel 2002 le stesse destre furono protagoniste di un vero e proprio golpe contro l’ex Presidente Chávez e nel 2014 organizzarono le guarimbas (violenza di piazza) contro l’attuale e legittimo Presidente Maduro.
Oggi i settori fascisti dell’opposizione venezuelana continuano ad agire in maniera violenta e con atti terroristici concentrati in alcuni centri urbani nei quali governa l’opposizione, con l’appoggio delle autorità locali a loro affini. Le squadracce fasciste, incappucciate e armate sia di armi, che di bastoni, pietre, molotov e petardi, assaltano strutture pubbliche (anche ospedali, depositi di medicine, asili nido, cliniche veterinarie, etc.), distruggono beni collettivi, saccheggiano, aggrediscono la Guardia Nazionale Bolivariana. È una violenza ben organizzata, dotata di giubbotti antiproiettile, maschere antigas, ordigni lancia petardi e abbigliamento griffato.
Un esame dettagliato delle tragiche morti smonta la versione di «Maduro che fa sparare sulla folla» da una polizia che in piazza non è armata e usa solo lacrimogeni. Viceversa, gran parte dei morti è imputabile all’opposizione (e ai cecchini, come già visto nel golpe del 2002); aumentano i femminicidi politici; i (pochi) responsabili di uso eccessivo della forza fra le forze dell’ordine sono sotto inchiesta e detenuti. Ma la mistificazione è tale, che anche manifestanti “chavisti” uccisi diventano, per i mass-media, attivisti dell’opposizione “massacrati dal regime”. Due pesi due misure: grazie al bombardamento mediatico, il mondo ignora le pacifiche e grandi manifestazioni di appoggio al governo.
Perché proprio il Venezuela? Perché è il Paese con le maggiori riserve petrolifere del pianeta. Le conquiste sociali sono state ottenute grazie alla ridistribuzione dei proventi del petrolio che controlla la società petrolifera di Stato (PDVSA). Approfittando della congiuntura economica sfavorevole causata dalla riduzione del prezzo del greggio, l’oligarchia interna e le multinazionali tentano di rimettere le mani sull’enorme risorsa petrolifera e di bloccare il processo di integrazione. E’ opportuno ricordare che l’attuale Segretario di Stato statunitense, Rex Tillerson, fino alla sua recente nomina è stato a capo della Exxon-Mobil.
La destra, che ignora le regole della Costituzione, accusa assurdamente di «golpe» il governo che ha convocato una nuova Assemblea Costituente.
Anche l’accusa di «attacco alla libertà di stampa» è ridicola, dato che, sia in Venezuela che fuori, i massmedia privati e Internet sono il megafono dell’opposizione. Così come l’accusa di «dittatura» e di «aver portato la popolazione alla miseria e alla fame»: dal 1999, il governo bolivariano ha compiuto enormi progressi sociali (sanità, educazione, case, alimentazione, diritti sociali, etc.), riconosciuti anche a livello internazionale.
È vero che, negli ultimi anni, una grave crisi dovuta al crollo dei prezzi del petrolio, alla guerra economica, all’accaparramento di prodotti di prima necessità, alle sanzioni, al killeraggio finanziario e ad altri fattori ha provocato grandi difficoltà. Ma i limiti e i possibili errori commessi dal processo bolivariano, non giustificano certo le gazzarre fasciste, la destabilizzazione e la strategia golpista in atto. Vanno denunciate le pesanti interferenze esterne capeggiate dagli Stati Uniti (ma anche dell’Italia e dell’Europa) che, per tornare a controllare le risorse ingenti del paese, finanziano e addestrano l’opposizione, dichiarano il Venezuela “una minaccia”, influenzano organizzazioni regionali come l’Osa, mentre il “Comando Sud” prepara l’intervento militare.
NON È ACCETTABILE CHE IL GOVERNO ITALIANO E ALCUNE FORZE POLITICHE (CON IN TESTA IL PD)
PROTEGGANO L’OPPOSIZIONE FASCISTA E VIOLENTA IN VENEZUELA !
Invece di gettare benzina sul fuoco, occorre sostenere il dialogo fra governo e opposizione, con la mediazione di diversi ex presidenti iberoamericani e della Santa Sede.
LA MANIPOLAZIONE DEI MASS-MEDIA PORTA ALLA GUERRA. LA VERITÀ PORTA ALLA PACE.
PER QUESTE RAGIONI DENUNCIAMO:
La violenza golpista della destra venezuelana
Le ingerenze esterne degli Usa, della Ue e dei loro alleati
La vergognosa informazione a senso unico dei mass-media italiani
SOSTENIAMO INVECE CON FORZA:
Il dialogo di pace tra governo e opposizione sostenuto anche dal Papa
Il consolidamento delle conquiste sociali realizzate da Chávez e da Maduro

Pubblicato il 27 mag 2017
27/05/2017

§§§§§§§
La Direzione nazionale del Prc – S.E. riunita in data odierna esprime all'unanimità la propria solidarietà incondizionata alle compagne e ai compagni che in questi giorni, soprattutto in queste ore, sono stati fermati dalle forze di polizia affinché fosse loro impedita la partecipazione al contro vertice e alle manifestazioni che si sono svolte oggi in Sicilia per contestare il G7.
Ci è giunta notizia di fogli di via, emanati molto probabilmente in base alla legge Minniti – Orlando, dimostrazione concreta di come l’indirizzo repressivo, impresso anche da questo governo e da chi lo sostiene, sia ormai prevalente per sedare ogni forma di dissenso e di conflitto.
E condanniamo, insieme all'operato del governo italiano, il ruolo guerrafondaio e criminale nei confronti di migranti e richiedenti asilo, di distruzione ambientale, di ridefinizione delle politiche imperialiste che, in particolare questo G7 sta definendo.
In nome della “sicurezza” che lo svolgimento del vertice richiede, da una parte si bloccano i manifestanti e si ordinano cariche, dall'altra si impedisce a circa 1500 richiedenti asilo, bloccati su una nave umanitaria, di poter essere accolti in Sicilia.
Che si torni presto anche in Italia alle grandi mobilitazioni in cui poter riaffermare in tanti “voi G7 noi 7 miliardi."

Pubblicato il 26 mag 2017
COMUNICATO STAMPA

«Quello che sta accadendo sui voucher – dichiara Roberta Fantozzi, responsabile nazionale Politiche economiche di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea – è di una gravità inaudita e va oltre ogni decenza.
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E’ la prima volta nella storia della Repubblica che un governo abroga una legge per evitare di sottoporsi al voto referendario e nel giro di un mese la ripropone, persino negli stessi giorni in cui si sarebbe dovuto votare!
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E’ risibile la cosiddetta limitazione dei voucher alle aziende sotto ai 5 dipendenti, in un paese in cui la dimensione media di impresa è di 3,7 dipendenti.

Ed è gravissimo che ci si predisponga a generalizzare per tutte le imprese una delle peggiori forme di precarietà: il “lavoro intermittente”, quello in cui le lavoratrici e i lavoratori mettono a disposizione tutto il proprio tempo di vita nell'attesa di essere chiamati per qualche giorno o qualche ora. Il governo vuole cancellare i limiti che oggi circoscrivono il lavoro a chiamata sotto i 25 e sopra i 55 anni di età.
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Un’operazione di maquillage sui voucher mentre si generalizzano le peggiori forme di precarietà. Un governo nemico dei diritti del lavoro e che sfregia ogni regola democratica.
Parteciperemo a tutte le mobilitazioni contro quello che sta avvenendo, a partire dai presidi indetti per oggi dalla CGIL.
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Vanno mandati a casa, loro e le politiche liberiste e autoritarie che distruggono diritti e vita delle persone e imbarbariscono sempre di più la società».
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Pubblicato il 23 mag 2017

Il nostro cordoglio per le vittime dell’attacco di Manchester. Non abbiamo più parole di fronte alla barbarie.
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Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, dichiara:

«Di fronte a questo orrore bisogna restare umani e non smettere di indignarsi e, senza farsi trascinare nella spirale dell’odio, continuare a lottare contro chi strumentalizza il terrore, contro chi soffia sul fuoco alimentando la paura, contro chi semina guerra e violenza.
Senza giustizia e pace non si ferma la barbarie.
L’irresponsabile politica USA e occidentale in Medio Oriente non fa che alimentare terrorismo e caos.
Non si può contrastare efficacemente il terrorismo se si continua a sostenere i regimi che dell’Isis e di Al Qaida sono stati direttamente e indirettamente sponsor e che finanziano la diffusione del fondamentalismo religioso.
Non si contrasta il terrorismo se non si lavora alla risoluzione della questione palestinese. Non lo si contrasta se si usano milizie jihadiste per destabilizzare regimi non graditi come accaduto in Libia e Siria. Non si contrasta il terrorismo facendo affari con la guerra».

Pubblicato il 22 mag 2017
COMUNICATO STAMPA

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TORINO, GIOVANI DENUNCIATI – ACERBO (PRC): «VIETATO CONTESTARE MINNITI. PD PEGGIORE DESTRA»
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«A Torino tre persone sono state portate presso gli uffici della Questura dove sono state denunciate per manifestazione non preavvisata.
Il motivo è aver “osato” contestare Minniti, intervenuto al salone del libro. Come dire, è vietato contestare il ministro Minniti: il PD si dimostra ancora una volta peggiore della destra».

Luca Fazio
da Il Manifesto
21.05.2017

Insieme senza muri. Con la giornata per l'accoglienza, fortemente voluta dall'assessore Piefrancesco Majorino, e sostenuta dal sindaco Beppe Sala, si materializza il corteo antirazzista più imponente che ci sia mai stato in Italia. Un successo clamoroso che ha dato voce a chi con diverse sfumature chiede a questo governo politiche immigratorie inclusive e non discriminatorie come la legge Minniti-Orlando

Siamo contenti? Contentissimi. Ma consapevoli. Che non ci si può godere in eterno un pomeriggio come questo trascorso in una delle piazze più accoglienti d’Europa. Torneremo nella dura realtà, ma domani. Oggi siamo stati travolti, organizzatori compresi, da una delle più grandi manifestazioni degli ultimi anni. La parata per l’accoglienza è sfuggita di mano, a tutti. Meno male. Passerà alla storia come il corteo antirazzista più imponente che ci sia mai stato in Italia, anche perché si è materializzato come per incanto in uno dei momenti peggiori della storia recente. I numeri contano: sono circa100 mila persone, vere. Chilometri di storie diverse, unite da uno stesso sentimento, magari confuso ma sincero. Milano-Barcellona 1-1. E così Milano – e speriamo che davvero sia sempre in anticipo sui tempi – da ieri potrebbe cominciare a raccontarsi come una città “top player” dell’accoglienza.
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Direbbe così il sindaco manager Beppe Sala, uno dei protagonisti assoluti di questo 20 maggio che somiglia a un 25 aprile di quelli meglio riusciti. Sembra l’unico politico, lui che politico non è, consapevole che – sommessamente – “il tema dell’immigrazione riguarderà le nostre vite per i prossimi decenni e io voglio essere un costruttore di ponti non di muri”. E ancora: “Di fronte al tema epocale delle migrazioni non si può girarsi dall'altra parte, vi prometto che non lo farò. Lavoro ogni giorno per costruire una grande Milano, ma questo non avrebbe senso se si perdesse l’anima solidaristica della città, io cercherò di fare Milano grande ma senza dimenticare la solidarietà”. Vedremo nei fatti se saprà onorare questo suo indiscutibile successo. Anche il presidente del Senato, Pietro Grasso – “chi nasce e studia qui è italiano” – si è lasciato andare sul palco in piazza del Cannone che fino a sera ha raccolto i pensieri di chi ha voluto testimoniare la propria presenza (con Radio Popolare che trasmetteva il tutto facendo gli onori di casa). Emma Bonino ha guardato avanti: “Milano oggi esprime quello che sarà il futuro del paese, piaccia o non piaccia”.
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Il 20 maggio è anche una liberazione per tutti. Da un incubo che per anni ha paralizzato e continua a demoralizzare la parte migliore della società: è la paura di dichiararsi e fare politica definendosi antirazzisti, anche alzando la voce. Invece, forse, si può fare anche se per essere convincenti bisognerà lavorare duro, aggiornarsi e sporcarsi le mani. Compitino per la sinistra: erano tutti a Milano i leader del nuovo frastagliato corso (Mdp compreso). La voce per esempio l’ha alzata l’assessore Piefrancesco Majorino (giù il cappello, please) quando ha urlato contro Matteo Salvini e le sue “infamie” dette per insultare le persone che hanno raccolto il suo invito ad esserci, ognuno con la sua specificità e non senza qualche asprezza dichiarata.
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Sono schegge di un vortice impossibile da mettere a fuoco con un’occhiata. Lasciamo perdere il “variopinto” ed il “colore”. La musica, ça va sans dire, ma non basta per dare l’idea. Ecco: il vero motivo per cui è andata alla grande è la presenza dei cittadini stranieri, mai visti così tanti tutti insieme. Non erano invitati, sono protagonisti a casa loro. Un mondo è già qui. Speriamo che un documentarista abbia raccontato la complessità delle moltitudini che si sono palesate con le loro storie drammatiche o già risolte, in t-shirt pettoruta o in costume tradizionale come all’apertura delle Olimpiadi. C’erano tutti. Ucraini, cinesi (nella loro compostezza marziale), cingalesi, salvadoregni, messicani, senegalesi, e profughi, persone non illegali che stanno aspettando di sapere se l’Italia vorrà farne dei cittadini o nuovi prigionieri da rispedire da qualche parte. Forse a morire. Tanto per tornare sul tema dell’accoglienza, che dopo una giornata come questa sarebbe bene non declinare in maniera approssimativa per lavarsi la coscienza senza tenere conto che le leggi approvate dal governo fanno carta straccia proprio di tutto quanto è stato detto ieri a Milano. Nuove prigioni, legislazione su base razziale, espulsioni di massa e respingimenti in Libia concordati con milizie da addestrare.
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Chiedono altro i centomila. La contrarietà alla legge Minniti-Orlando è stata espressa in forme diverse lungo chilometri di percorso. Con cartelli, sventolando lembi di coperte termiche oro e argento, quelle che avvolgono i corpi dei migranti sopravvissuti. Guardarsi attorno e cogliere questo comune sentire non significa voler semplificare il dato politico. Il nodo rimane quello. Ognuno lo ha ribadito a modo suo. Tutte le associazioni cattoliche la pensano così e hanno dato prova di una grande capacità di mobilitazione (un leader credibile loro ce l’hanno). Tutte le associazioni laiche che si occupano di immigrazione hanno voluto esserci e potrebbero tenere seminari sui danni che provocherà la legge del Pd. I ragazzi dei centri sociali, quelli della piattaforma “Nessuna persona è illegale”, lo hanno urlato in faccia ai pochi esponenti del partito che ieri hanno preso coraggio e si sono rintanati nel primo spezzone del corteo. Chi con la guardia del corpo e chi un po’ meno al sicuro protetto da una gabbietta comica costruita dai City Angel per attutire le contestazioni. Sono stati presi a male parole ma niente di che, l’unico striscione del Pd che ha preso aria era un simpatico fake che ha guastato il colpo d’occhio alle prime file ingessate: “Pd, peggior destra” (niente di eversivo, solo centri sociali che citano Saviano…).

A proposito, sinceri applausi all’assessore extraterrestre del Pd Pierfrancesco Majorino. Ci ha creduto fin dall’inizio. Adesso? E’ già ora di rimettere i piedi per terra. Ieri sono sbarcati 358 migranti a Trapani, 560 a Vibo Marina e 734 ad Augusta.

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