L'ultimo slogan del premier Meloni all'Onu è quello dell'Italia campo profughi dell'Unione. Ma Berlino e Parigi accolgono di più.
L’accoglienza tiepida del Congresso Usa, stanco di sostenere i costi della guerra in Ucraina e il dietrofront della Polonia sulle armi per calcoli elettorali. Per Zelensky ieri in America è stato il giorno più difficile dall’inizio dell’invasione russa.
‘C’eravamo tanto armati’ il titolo ironicamente amaro sul Manifesto. ‘Zelensky, il giorno più difficile’, e solo Biden resta al suo fianco. Annunciati nuovi aiuti, ma stavolta la Casa bianca dovrà pagare il conto con i suoi fondi.
Ma l’Onu serve ancora? Disperata la risposta del segretario generale Guterres: «O si avvia una riforma o è la rottura, le istituzioni rischiano di essere parte del problema», segnala con rilievo il Manifesto. Mentre Alberto Negri colpisce a tutto campo: ‘Irrilevanza dell’Onu e irrilevanza anche di Biden’, l’occidente che insegue il Sud globale cercando di imporgli le sue regole, le assenze clamorose (quattro dei cinque membri del Consiglio di sicurezza), e solo leader minori.
Non bastava la passerella della Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen e della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che sono state prima fischiate a Lampedusa e poi hanno preso provvedimenti, in merito all’arrivo di richiedenti asilo, in cui si uniscono propaganda xenofoba e cattiveria, inefficiacia e impraticabilità.
Armageddon. Immaginatevi un supermissile nucleare che viaggi a 25 mila chilometri orari. Praticamente, ‘inintercettabile’. «I missili superveloci cambiano le regole del gioco. Ma l’America non li ha», scrive il preoccupato il Wall Street Journal. Peggio: «L’esercito degli Stati Uniti investe risorse nelle armi superveloci, ma finora ha faticato a svilupparle. Cina e Russia sono molto più avanti».