Truppe a Kiev, i volenterosi preparano i piani. Il primo ministro della Gran Bretagna Starmer a colloquio online con i leader di 25 Paesi in call, e per giovedì ha già pronto un vertice militare operativo. Zelensky: «Mosca capisce solo un linguaggio». Giovedì ci sarà in Gran Bretagna una riunione dei responsabili militari dei paesi della «coalizione dei volontari». Tanti convocati e tante opinioni diverse nascoste dietro il consenso formale alla solidarietà ucraina con qualche arma da fare usare ad altri.
Germania: anche i Verdi si mettono in testa l’elmo chiodato prussiano e firmano l’accordo, per sostenere il massiccio riarmo del Paese. Ma lo fa un parlamento a due giorni dalla sua scadenza, la vecchia maggioranza cancellata dalle recenti elezioni che non avrebbe i numeri. Gioco sporco, sporchissimo.
Ieri piazza a Roma per l’Europa un popolo e tante aspirazioni diverse. Giuliano Santoro, sul manifesto, segnala un dettaglio rivelatore. Due striscioni, uno accanto all’altro. Il primo con la scritta «Riarmo sì, anche così» portato da un gruppetto di giovani con bandiere dell’Ucraina e della Georgia. L’altro dice «L’Italia ripudia la guerra, No Rearm Europe» esposto da una coppia di mezz’età accompagnata da tre ragazzini. Indicazioni, speculari e opposte, che si affiancano come se nulla fosse. Tommaso Di Francesco pone la domanda chiave: «Ma, noi europeisti e anti-nazionalisti convinti, siamo davvero sicuri che la bandiera di questa Ue ridotta in armi e nuovi muri sia la giusta difesa della democrazia?». Dubbio drammatico, e noi cerchiamo saggezza nella storia con Giovanni Punzo. Con invito abbastanza chiaro alla prudenza.
La «coalizione dei volonterosi» cresce nei numeri ma rimane appesa alle mosse di Trump e Putin e ai dubbi dei loro elettori. Con la speranza di condizionare Washington in favore di Kiev, ma non di sostituirla. Ma intanto inciampa in trasferta. Rubio, segretario di Stato Usa, ai G7 riuniti in Canada: ‘no a dichiarazioni ostili a Mosca’. E la bozza finale è in forse
Un’inchiesta dell’AP rivela che Washington e Tel Aviv stanno tenendo da lungo tempo contatti con Somalia, Somaliland e Sudan per trattare la loro disponibilità ad accettare sul proprio territorio i palestinesi cacciati dalla Striscia, secondo il piano di pulizia etnica del presidente Trump. I Paesi hanno dichiarato che non intendono accettare la proposta