Acqua:


Il Parlamento europeo ha fatto propria la proposta dei movimenti per l’acqua

Clicca Qui per ricevere Rosso di Sera per e-mail


Ogni mese riceverai Rosso di Sera per posta elettronica, niente carta, niente inchiostro.... Se vuoi inviare le tue riflessioni, suggerimenti, o quanto ritieni utile, a Rifondazione di Santa Fiora,usa questo stesso indirizzo info@rifondazionesantafiora.it

Direzione Nazionale

FACEBOOK SI TOSCANA A SINISTRA

Il coro dei Minatori di Santa Fiora Sito ufficiale

Italia - Cuba

Museo delle Miniere


Santa Fiora: la Piazza e la Peschiera online

Rifondazione su Facebook

STOP TTIP


"Campagna Stop TTIP"

In evidenza

EDITORIALI E COMMENTI 

 

20/10/2022

da Left

Giulio Cavalli

Non riusciranno mai a prendere le distanze dalla loro natura.

La destra che vince prendendo i voti di destra e poi vorrebbe governare con la maschera dei moderati è un’operazione fallimentare su più fronti

 

Se ti mascheri pur di prendere il potere succede, prima o poi, che si sciolga il cerone e si vedano i connotati. Giorgia Meloni alza la voce contro Silvio Berlusconi dopo l’ennesimo audio pubblicato da LaPresse in cui il leader di Forza Italia non fa altro che mettere in fila uno dopo l’altro i frammenti di discorsi che ripete da mesi. Solo che visto nella sua interezza il pensiero dell’ex cavaliere è un fardello troppo pesante da portare di fronte alla comunità internazionale. Giorgia Meloni è arrabbiatissima. C’è da capirla, ha messo in moto un processo di travestimento (aiutata dai sospettabilissimi giornalisti che non resistono di fronte al potere) che si scioglie come neve al sole. Ma la destra italiana è questa, è sempre stata questa, sarà sempre nient’altro che questo.

 

Chiedere a Forza Italia di prendere le distanze da Berlusconi è un’ipocrisia che in queste ore si ripete con sprezzo del ridicolo. Ciò che pensa (e dice) Berlusconi non è niente di diverso dalle posizioni di molta parte della Lega e di molta parte di Fratelli d’Italia. Le posizioni di Berlusconi sono le stesse del presidente della Camera Lorenzo Fontana, le stesse che si scovano scorrendo i social di dirigenti di Fratelli d’Italia che non hanno ancora ripulito la propria presenza online. La differenza sta solo nel sabotaggio clinico e organizzato nei confronti del satrapo di Arcore mentre tutti gli altri godono di un condono.

 

Vale lo stesso per la guerra all’aborto. Maurizio Gasparri non è una scheggia impazzita che autonomamente deposita un progetto di legge (come accade ogni volta che viene eletto): tutta la destra italiana ha quelle posizioni, tutta la destra italiana è il punto di riferimento delle associazioni pro vita, tutta la destra italiana sabota la legge 194 nelle regioni in cui riesce a mettere le mani sulle leve della maternità.

 

Non passeranno troppi giorni prima che qualcuno, dalla Lega o da Fratelli d’Italia, alzi la propaganda contro gli immigrati colpevoli di ogni efferatezza. Anche in quel caso il trucco consisterà nell’isolare quel pensiero come iniziativa personale e Giorgia Meloni si presenterà compita e simpatica per assicurare che le posizioni del governo (sempre che questo governo si faccia davvero) sono diverse e più accomodanti.

 

La destra che vince prendendo i voti di destra e poi vorrebbe governare con la maschera dei moderati è un’operazione fallimentare su più fronti. Fallirà agli occhi dell’Ue e della comunità internazionale (come già avviene) per la scompostezza delle sue posizioni; fallirà sul piano interno poiché sarà puntellata ogni giorno da un’opposizione che non dovrà fare troppa fatica per sbugiardarla; fallirà con i propri elettori che l’hanno votata perché quelli vogliono, eccome se lo vogliono, che inverta le azioni e le posizioni e quindi rimarranno facilmente delusi; fallirà dentro i partiti perché nella Lega e in Fratelli d’Italia è fin troppo facile presentarsi come “nuovi” perché più spericolati (e quindi più “di destra”) dei segretari che si vogliono rovesciare.

 

Ancor prima delle consultazioni con il presidente Mattarella è chiaro che il “centrodestra” è destra in purezza, che quello che chiamiamo centro è il vero centrodestra (e infatti soccorrerà questa destra) e che in questi mesi i nostri “grandi” giornalisti hanno stilato liste di putiniani in cui ci finivano Augias, Barbara Spinelli e l’Anpi mentre – sbadati – si sono persi i partiti di governo.

POLITICA NAZIONALE |  POLITICA ITALIANA

 

19/10/2022

da La Notizia

Giulio Cavalli

 

Berlusconi in trincea sulla Giustizia. Torna in gioco la Casellati.


La tregua tra Berlusconi e la Meloni è durata un attimo. Il Cav non si rassegna a perdere il ministero della Giustizia.


Proviamo a riavvolgere il nastro. Alle elezioni del 25 settembre quasi tutti gli analisti e gli addetti ai lavori davano Forza Italia per morta. “Silvio Berlusconi non sta bene”, dicevano nei corridoi del Parlamento e nelle redazioni immaginavano una Forza Italia svuotata a sinistra da Matteo Renzi e Carlo Calenda e a destra da Giorgia Meloni pigliatutto.

Forza Italia invece chiude all’8,11%, poco meno di Matteo Salvini che pure veniva presentato come l’astro – seppur calante – di un centrodestra in cui Silvio Berlusconi avrebbe potuto raccogliere al massimo qualche vecchio nostalgico del Cavaliere che fu.

 

Ciò che sta accadendo nel centrodetra in questi giorni inizia lì, con il redivivo Berlusconi, ancora una volta, che non riesce a scindere la vitalità dal potere e quindi cambia completamente pelle sentendo il profumo di quello che può guadagnare. I dissidi con Giorgia Meloni, fin dai minuti successivi ai risultati delle elezioni, non sono altro che un riposizionamento all’interno dell’alleanza di destra non più come il “vecchio saggio” da tenere nel cassetto dei simboli di quello che fu ma come parte attiva della coalizione.

 

Berlusconi del resto in tutta la sua carriera ha sempre venduto più di quello che aveva in mano, è riuscito a vendere un quartiere alle porte di Milano sfoderando solo promesse e progetti, figurarsi se non riesce a rivendere un pari dignità, confermata dai numeri, con la Lega di Salvini che solo fino a qualche mese fa sembrava essere il partito egemone del centrodestra.

 

Qui iniziano i problemi nell’alleanza: Berlusconi non ci sta più a fare il padre nobile di Matteo Salvini e pretende di essere una colonna attiva del governo che verrà. Per Silvio però essere “attivo” ha solo un significato: ottenere posti, ministeri di rilevo, riuscire ad accontentare la schiera di politici sul libro paga.

 

La Meloni, d’altro canto, ha un primo inaspettato problema. Aveva immaginato un governo con uomini del suo partito, della Lega e pescati tra i “tecnici” vicini alla destra immaginando per Forza Italia solo qualche posto simbolico e invece si ritrova a dover trattare con Berlusconi posti veri, che pesano.

 

Meloni sa benissimo che concedere spazio a un partito che non si è mai rinnovato nella classe dirigente come Forza Italia significa inevitabilmente presentarsi dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con nomi che rimandano al passato, tra l’altro un passato non proprio felice nella memoria degli italiani. Poi c’è la seconda scena di questo romanzo Quirinale: Silvio Berlusconi viene beccato da un fotografo con quegli appunti su Giorgia Meloni in cui viene definita come “supponente”, “arrogante” e altri epiteti della stessa risma.

 

Che Berlusconi prenda appunti è un caso politico solo per chi la politica ha bisogno di sceneggiarla per aumentare gli ascolti, ciò che conta davvero è che Giorgia Meloni risponda ai giornalisti “io non sono ricattabile”. Eccolo lo snodo del giallo. Se la Meloni non è ricattabile si presume che Berlusconi lo sia, evidentemente. Chi ricatta Berlusconi? Su cosa è ricattato Berlusconi? Non lo possiamo sapere.

 

Evidentemente per molti arguti giornalisti questa è una questione di poco conto. Di certo sappiamo, nonostante nella destra lo neghino tutti, che Silvio Berlusconi intende il potere come protezione personale dai suoi processi e come volano per le sue aziende.

 

È un segreto di Pulcinella che le priorità di Forza Italia fossero tre: sistemare Licia Ronzulli in un ministero (missione fallita che ha riportato Berlusconi nel cassetto degli uomini che no, non possono promettere tutto alle donne), ottenere il ministero alla Giustizia per cancellare quella legge Severino che costringerebbe Silvio a decadere un’altra volta in caso di condanna del processo Ruby Ter in cui è imputato e ottenere il controllo sulle televisioni per garantirsi il mantenimento del duopolio Rai-Mediaset che ha tenuto a galla le sue reti televisive.

 

Qui si sprofonda negli anni ’90, con lo stesso fetore delle leggi ad personam che hanno insozzato la storia repubblicana dell’Italia. La rivoluzionaria Meloni però sembra accettare (anche se a malincuore) e Matteo Salvini è troppo impegnato a difendersi dagli attacchi interni nel suo partito, non ha energie per occuparsi della questione.

 

Così arriviamo a due giorni fa, con Berlusconi e Meloni che fanno la pace come si riappacificano tipicamente a destra, negando perfino che ci sia stata ala guerra. Dall’incontro di via della Scrofa esce lo schema del governo da sottoporre al Presidente della Repubblica Mattarella.

 

Il Cavaliere vuole la Casellati per cancellare la legge Severino. Se va avanti così, Giorgia può già cominciare a cercarsi un’altra maggioranza

 

Giorgia Meloni vorrebbe salvare almeno le apparenze mettendo Carlo Nordio alla giustizia ma l’ex magistrato per Berlusconi è “una testa calda” e rischia di non mantenere gli impegni. Berlusconi incontra Nordio solo per cortesia, sminuendolo subito: “Nordio lo incontro perché mi piace di incontrarlo e di parlarci,- dice il leader di Forza Italia – noi abbiamo detto alla Giustizia c’è l’ex presidente del Senato Elisabetta Casellati. Su questo c’è l’accordo. Meloni ha suggerito soltanto: c’è Nordio che è bravissimo, vedilo, perché magari ti convinci che è la scelta giusta, ma io sono già convinto della scelta della Casellati, conosco le cose che ci sono da fare come riforma della giustizia”.

 

Un ministero alla giustizia regalato al Caimano sembrava impensabile fino a poco tempo fa. Ora addirittura dobbiamo sorbirci Renato Schifani che ci fa la morale: “Ho vissuto accanto a Berlusconi la persecuzione giudiziaria alla quale è stato sottoposto, – dice il presidente della regione Sicilia a Sky – e pensare che attraverso il ministero della Giustizia possa fare delle leggi ad personam lo trovo assurdo. Berlusconi ha già dato. Credo che a tutto ci sia un limite. Berlusconi ha raggiunto il massimo di quello che si possa pagare come persecuzione giudiziaria. Quali leggi ad personam potrebbe fare? Potrebbe invece fare finalmente quella riforma a cui teniamo, che è la separazione delle carriere”.

 

Capito? Alla fine ha vinto lui, ancora una volta. E si torna alla scena iniziale: chi era davvero ricattabile?

POLITICA ESTERA  

 

18/10/2022

da Il Manifesto

Anna Maria Merlo, PARIGI

 

Macron alle prese con l’autunno caldo, Francia in agitazione .IN ITALIA QUANDO?

 

LE PROTESTE. Paese in crisi sociale e politica: l’Eliseo convoca una riunione d’emergenza, mentre il governo annaspa in cerca di una soluzione alla mancanza di carburanti e c’è la finanziaria da approvare. Oggi lo sciopero per l’aumento dei salari

 

Riunione d’emergenza all’Eliseo, Elisabeth Borne e qualche ministro in prima linea attorno a Emmanuel Macron, per cercare una via d’uscita alla crisi sociale. Che ormai è multipla. Dopo la Marcia contro il carovita (e la non-azione climatica, passata però in secondo piano nel corteo di domenica a Parigi), oggi c’è lo sciopero interprofessionale per l’aumento dei salari, che iniziato nelle raffinerie da Cgt e Fo si espande ad altri settori e altri sindacati: ferrovie, trasporto urbano parigino, licei professionali, Ephad (le Rsa francesi), è prevista inoltre la partecipazione delle organizzazioni di studenti. Sono in agitazione anche dei lavoratori Edf delle centrali nucleari, aprendo lo spettro di una penuria di energia quest’inverno. Alla Sncf, l’azienda del trasporto pubblico ferroviario, il sindacato Sud Rail ha votato per uno sciopero a oltranza. Mentre ieri, hanno protestato poliziotti e magistrati, contro la riforma della Polizia giudiziaria.

 

AI SALARI, SI È AGGIUNTA la rivendicazione sul “rispetto al diritto allo sciopero”, in seguito alle precettazioni di alcuni dipendenti delle raffinerie. Intanto, ci sono state nuove precettazioni a Total, a Dunkerque e Lione, per far uscire i camion cisterna. Il 30% dei benzinai è a secco, con punte oltre il 50% nella regione parigina, la protesta cresce tra chi ha bisogno dell’auto.

 

La crisi è politica. Il tempo stringe per approvare la finanziaria 2023. Ci sono state più di 50 ore di dibattito, ma senza concessioni, né del governo né delle opposizioni, anche i deputati di Renaissance si sono divisi su alcuni emendamenti.

 

Il governo, che ha solo una maggioranza relativa, a giorni dovrebbe ricorrere all’articolo 49.3, che permette di far passare una legge senza voto. Una decisione drastica, che comporta le mozioni di censura (la sfiducia) da parte delle opposizioni. Ce ne saranno almeno due, della Nupes e del Rassemblement national, ma il governo Borne non dovrebbe cadere, perché sinistra e estrema destra non votano assieme. Ma il ricorso al 49.3 arroventa il clima in Parlamento e getta le basi per scontri futuri: nei giorni scorsi c’è stato quello sulla riforma che restringe i diritti alla disoccupazione e in prospettiva c’è l’esplosiva riforma delle pensioni. Cresce la polemica sulle tasse ai super-profitti, Macron frena e si limita ad applicare le indicazioni di Bruxelles per un intervento temporaneo.

 

INTANTO, IL GOVERNO annaspa per cercare di trovare una soluzione alla mancanza di carburanti. Sabato iniziano le vacanze dei Santi (due settimane), con i distributori ancora vuoti. Macron ha fatto appello allo «spirito di responsabilità». Borne ha allungato di 15 giorni il contributo pubblico di 30 centesimi per litro di benzina (Total ha fatto lo stesso con 20 centesimi).

 

La prima ministra ha chiesto ai lavoratori di Total di «rispettare l’accordo», firmato dai due sindacati maggioritari (come è successo alla Exxon, dove lo sciopero è stato sospeso). Ma la Cgt e Fo non ci stanno: la Cftd con un altro sindacato dei quadri è maggioritaria alla Total, ma non lo è nelle raffinerie, inoltre il diritto allo sciopero è individuale per la Costituzione.

 

BORNE HA SPIEGATO IN TV che il ricorso alle requisizioni non è stato «un atto banale» e che «il diritto di sciopero è protetto dalla Costituzione», mentre da destra si alzano voci sempre più insistenti che chiedono al governo di agire d’autorità per mettere fine al caos. Il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, giudica lo sciopero «illegittimo» dopo l’accordo. La prima ministra si è rivolta al padronato: «Tutte le imprese che possono, devono aumentare i salari». Ma non tutti sono Total, che ha accumulato super-profitti grazie alla guerra in Ucraina, ha distribuito dividendi mentre il presidente, Patrick Pouyanné, si è aumentato la remunerazione del 52% (arrivando a più di 6 milioni l’anno).

 

L’accordo firmato da Total prevede un aumento dei salari da novembre del 7% (5% per tutti, più 2% a titolo individuale), più dei “premi” di produzione tra i 3mila e i 6mila euro. La Cgt chiede il 10%: 7% per compensare l’inflazione (che è sotto il 6%), 3% per la condivisione delle ricchezze. La piccola e media impresa non può seguire.

 

Nella Marcia contro il carovita, domenica, c’è stata la rivendicazione di indicizzare i salari all’inflazione, soppressa nel 1983, con la svolta del rigore di Mitterrrand (resta in vigore solo lo Smic, il salario minimo).

16/10/2022

 

Roma, in piazza la protesta dei “carrelli vuoti”:

 

“Sul caro-bollette il governo è inesistente. I poveri pagano il prezzo di una guerra assurda”

 

Centinaia di persone sono scese in strada a Roma ieri, sabato 15 ottobre, per protestare contro il caro-vita l’aumento dei prezzi dell’energia e dei beni di prima necessità. Ad aprire il corteo una fila di carrelli della spesa vuoti a simboleggiare la difficoltà per le famiglie di fronte alla crescita sproporzionata dei prezzi, alla speculazione che sta mettendo in difficoltà milioni di italiani.

 

POLITICA ESTERA  

15/10/2022

da La Notizia

Maria Elena Cosenza

Bandiera bianca sulla pace. Contro la guerra in Ucraina resta solo il Papa

 

Dopo sette mesi di guerra tra Russia e Ucraina di una tregua non si vede neanche l’ombra. A condurre la mediazione c’è il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, che ha incontrato due giorni fa l’omologo russo, Vladimir Putin. Sul tavolo del bilaterale non si è però parlato di pace, anzi della possibilità di costruire un hub del gas russo in Turchia.

 

Dopo sette mesi di guerra tra Russia e Ucraina di una tregua non si vede neanche l’ombra

 

Nulla a che vedere con la fine dei bombardamenti in Ucraina dunque. Obiettivo a cui ambisce oramai solo il Pontefice: “In questi mesi è andato crescendo in Europa e nel mondo il fragore della guerra. Non cediamo a questo ricatto, per favore” ha ribadito Papa Francesco. “Non cadiamo in questa trappola. Continuiamo a sognare la pace e a lavorare per la pace, spargendo semi di fraternità e di amicizia sociale. La mano tesa, sempre la mano tesa”, ha detto.

 

Certo è che la linea dell’Europa e degli Usa sembra sempre la stessa. Ovvero pugno duro con le sanzioni a Mosca e pieno sostegno all’Ucraina. I rappresentanti dei ministeri delle Finanze e delle banche centrali di 33 Paesi si sono riuniti al dipartimento del Tesoro Usa per discutere gli impatti delle sanzioni e delle restrizioni all’esportazione di prodotti russi, imposte da tutte le nazioni presenti in risposta all’invasione dell’Ucraina. Lo riferisce una nota, aggiungendo che la riunione è stata presieduta dal vice segretario al Tesoro Usa, Wally Adeyemo; dal vice segretario al Commercio, Don Graves; e dal vice direttore per l’intelligence nazionale, Morgan Muir.I tre hanno descritto ai presenti gli impatti delle sanzioni sull’industria della difesa e sulle operazioni militari della Federazione Russa, ostacolando l’invasione. Tutti i presenti hanno ribadito la determinazione a sostenere l’Ucraina, mantenendo le sanzioni e le restrizioni alle esportazioni decise finora. In aggiunta, i Paesi hanno discusso le prossime misure aggiuntive da mettere in campo per ostacolare la macchina bellica di Mosca.

 

Nel prossimo pacchetto di armi all’Ucraina da parte degli Stati Uniti tuttavia non ci sono “nuove capacità significative o nuovi sistemi di difesa anti-aerea” per respingere gli attacchi missilistici che la Russia ha lanciato nei giorni scorsi contro città e obiettivi civili. Il pacchetto, da 725 milioni di dollari, conterrà tuttavia “armi e sistemi” per aiutare l’Ucraina nella “controffensiva che ha portato alla riconquista di vaste parte di territorio” da parte delle forze di Kiev.

 

Intanto a Bruxelles lunedì è attesa la nuova tranche di finanziamento economico alle forze armate ucraine, nell’ambito dello Strumento europeo per la Pace. Lo ha detto Josep Borrell, Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza: “Stiamo approvando una nuova tranche di supporto per le forze armate ucraine. Questo porterà a più di 3 miliardi il sostegno erogato dall’Ue attraverso lo Strumento europeo per la pace”, ha detto.

 

“Informerò anche gli alleati sull’istituzione di una missione europea di addestramento dell’Esercito ucraino”, ha aggiunto. “Nel momento in cui Putin sta incrementando la sua escalation militare, dobbiamo continuare a supportare l’Ucraina in maniera determinata, per tutto il tempo necessario”.

Dunque più armi e zero mediazione. Continueremo a fornire supporto militare in modo da poter affrontare ogni tipo di minaccia militare e qualsiasi escalation della guerra”, ha proseguito Borrell. “Vogliamo trovare una soluzione diplomatica alla guerra il prima possibile, ma stiamo affrontando con determinazione e supporto militare qualsiasi tipo di escalation da parte della Russia”, ha concluso. Intanto Putin ha fatto sapere che “la Russia parteciperà al prossimo summit del G20”.

 

POLITICA NAZIONALE |  POLITICA ITALIANA

 

14/10/2022

da La Notizia 

 


Che il nuovo Senato contenga un tasso altissimo di ipocrisia si è visto ieri sin dalle prime battute.

 


Che il nuovo Senato contenga un tasso altissimo di ipocrisia si è visto ieri sin dalle prime battute, quando l’Aula ha tributato grandi applausi alla senatrice Segre e alla sua denuncia del fascismo, e poi ha eletto presidente un nostalgico della vecchia destra come Ignazio La Russa

 

Un’elezione che in parallelo con quanto accadeva alla Camera ha mostrato il solco che c’è nelle destre, difficilmente in grado di governare a lungo un Paese con le nostre emergenze. Dopo averci riempito di bugie con le loro promesse elettorali irrealizzabili, ora vediamo l’altro inganno, e cioè l’assoluta mancanza di unità e di un progetto comune tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.

 

Così, alla prova dei fatti, Berlusconi non fa votare La Russa, che però viene eletto lo stesso, probabilmente con i voti dei renziani e di qualche piddino suo amico. Un pessimo segnale, perché le stampelle parlamentari ci sono sempre state, ma se servono dal primo giorno vuol dire che sui provvedimenti più spinosi la maggioranza non potrà andare lontano. Peggio ancora vanno le cose a Montecitorio, dove è stato subito bruciato l’ex capogruppo del Carroccio, Molinari, e forse oggi ce la farà Fontana.

 

Con questi chiari di luna, sarà un Vietnam fare pure il Governo, e ancora non sappiamo niente di cosa farà la Meloni per il caro-bollette, la guerra, le tasse e il Reddito di cittadinanza. Niente di strano, quindi, se tra non molto il Centrodestra si divida, per tornare a un Esecutivo figlio dei soliti giochi di Palazzo. E dal Pd a Calenda e Renzi, qui non mancano i professionisti.

 

 Doppia fumata nera alla Camera. Impallinato il leghista Molinari. Veti e colpi bassi nel Centrodestra fanno saltare l’intesa. Questa mattina la quarta votazione

POLITICA NAZIONALE |  POLITICA ITALIANA

 

13/10/2022

Giovni Russo Spena

 

 E' mai possibile che ai nomi dei presidenti della Camera e del Senato, le forze di opposizione sappiano opporre solo una scheda bianca?

 

Era invece doveroso e non impossibile contrapporre ai vari La Russa e Molinari, fin dalla prima votazione, un nome, su cui tutta l'opposizione potesse convergere,  di una figura che interpretasse quei valori dell'antifascismo e della democrazia costituzionale, a partire dall'articolo 3 sul superamento delle diseguaglianze, così fortemente richiamati nel discorso introduttivo di Liliana Segre,

 

E' vero non avrebbe avuto i numeri per passare. Ma almeno gli elettori della non-destra non si sarebbero sentiti abbandonati e la questione della seconda e della terza carica dello stato, ovvero dei presidenti delle due camere, non sarebbe stato solo un affare di famiglia della destra.
 

Commento di Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, coordinamento Unione Popolare

Se oggi Ignazio La Russa è diventato presidente del Senato bisogna ringraziare il PD che con Gentiloni ha approvato, ponendo la fiducia, il Rosatellum e con Letta ha deciso di non modificarlo.

La destra non ha ottenuto la maggioranza dei voti delle italiane e degli italiani.

Con una legge proporzionale oggi La Russa siederebbe sui banchi dell’opposizione.

Le italiane e gli italiani di sentimenti antifascisti è ora che riflettano sui danni arrecati alla nostra democrazia costituzionale dal centrosinistra.

 

POLITICA NAZIONALE |  POLITICA ITALIANA

 

13/10/2022

da La Notizia

Giulio Cavalli

 


Silvio Berlusconi torna a dettare legge su Giustizia e televisioni. Smontare la Severino e tutelare le aziende. Da 28 anni il Cav punta ai soliti obiettivi.

 


Sono i quotidiani del 13 ottobre del 2022 ma sembra un incubo di 28 anni fa. Nel governo che viene non c’è solo l’estrema destra che si accinge a governare per la prima volta nella sua storia ma c’è sempre lui, Silvio Berlusconi, che punta dritto al ministero della Giustizia per cercare impunità e al ministero dello Sviluppo economico per sistemare le sue televisioni.

 

Il leader di Forza Italia rischia una pena fino a sei anni ed è molto probabile che entro la fine della legislatura si arrivi in Cassazione poiché entro il 2026 il processo dovrebbe terminare. In caso di condanna Berlusconi decadrebbe per la seconda volta, esponendo sé stesso – e l’Italia, ma questo per lui non è mai stato un problema – all’ennesima figuraccia internazionale.

 

Ecco perché Forza Italia vorrebbe che Francesco Paolo Sisto o Maria Elisabetta Alberti Casellati occupassero quella poltrona: il primo, sottosegretario uscente proprio alla Giustizia, è avvocato fedele all’ex Cavaliere (a Villa Romanazzi Carducci durante la convention del centrodestra lo scorso settembre si è messo al pianoforte per dedicare una canzone al suo capo partito) mentre la ormai ex presidente del Senato Casellati fu colei che l’11 aprile 2011 difese la versione di Silvio Berlusconi su Ruby “Rubacuori” spiegandoci, ospite a Otto e mezzo, che Berlusconi ritenesse la ragazza nipote di Hosni Mubarak, data la telefonata ricevuta dal presidente egiziano, e che le avrebbe dato del denaro solo “per permetterle di lavorare e quindi di non prostituirsi”. Questo è il livello.

 

Per le televisioni il discorso è lo stesso. Sui giornali Berlusconi ripete, come fa dal 1994, che Mediaset è stata soltanto penalizzata dal suo ingresso in politica ma i numeri raccontano un’altra realtà: nel quinquennio del secondo e terzo governo Berlusconi i ricavi pubblicitari lordi di Mediaset passarono da 2.467 a 2.955 milioni, con un aumento del 19,8%; quelli della Rai scesero invece da 1.273 a 1.217, meno 4%. Considerando l’intero periodo 2001-2011, durante il quale Berlusconi ha governato per circa nove anni, La Rai ha avuto una flessione del 30,5%, contro una limatura del 3,8% subita dal concorrente privato nonostante la crisi devastante.

 

Non si tratta solo di soldi, oggi la crisi dell’editoria ha portato la pubblicità (sempre più concentrata) a dettare l’agenda editoriale più delle notizie. Oltre all’arricchimento personale Berlusconi ottiene, oggi ancor di più con la crisi, un’agibilità d’informazione che inevitabilmente condiziona e inquina il dibattito politico.

 

Ma tutto questo non è soltanto merito suo. Se siamo ancora in un incubo lungo 28 anni i demeriti dei suoi avversari (tutti, dalla sinistra ai 5 Stelle) sono evidenti. Una seria legge sul conflitto di interessi in questo Paese torna a galla nelle promesse a intervalli regolari, ma poi non si trova mai il tempo (e la voglia) di farla davvero. A marzo 2008 D’Alema disse: “Una legge andrà fatta, ma le priorità sono altre come il lavoro e la sicurezza”. A fine 2022 il lavoro e la sicurezza sono ancora un problema, non c’è la legge e Silvio è tornato.

 

LAVORO E DIRITTI 

 

08/10/2022

da Unione Sindacale di Base

 

Requisire gli extra profitti, tariffe sociali per lavoratori e famiglie, aumenti salariali

 

Il carovita ha raggiunto livelli insostenibili per lavoratori e famiglie. Gli aumenti delle tariffe elettriche, della benzina, dei beni di prima necessità, dei generi alimentari stanno tagliando la capacità di acquisto delle famiglie e riducendo drasticamente la qualità della vita di milioni di persone.

 

Circa il 25% delle buste paga dei lavoratori è ormai destinato a pagare le bollette della luce e del gas e già oggi si prevedono aumenti che porteranno il costo medio dell’elettricità per famiglia a 1322 euro annui.

 

Gli aumenti sono dovuti principalmente alla speculazione e al libero mercato che approfittando della guerra fanno crescere a dismisura i propri utili aumentando il valore delle materie energetiche molto al di sopra del loro costo effettivo.

 

Le aziende che erogano il gas e l’elettricità realizzano profitti iperbolici dopo aver pagato il gas al suo prezzo reale e rivendendolo ai cittadini al prezzo stabilito dalla speculazione. 

 

Più di 40 miliardi di questi extra profitti oggi sono nelle casse delle aziende, quasi tutte a maggioranza azionaria di istituzioni pubbliche, statali e locali. La trasformazione in aziende a regime privato, anche se a maggioranza azionaria pubblica, ha consentito la scomparsa di qualsiasi agevolazione per le famiglie a basso reddito e enormi guadagni per le aziende che non hanno alcun obbligo formale di tutela dei cittadini.

 

Mentre i prezzi crescono senza alcun freno o controllo da parte dello Stato, i salari e gli stipendi stanno rapidamente calando e ormai non tengono più di fronte all’inflazione che in pochi mesi è passata dal 1% al 9%. Un taglio netto quindi che rende ormai pressoché impossibile arrivare alla fine del mese. 

 

Tutto questo non è colpa del destino, ma di precise scelte economiche che negli anni hanno prodotto questa situazione: privatizzazioni; eliminazione della scala mobile, il meccanismo che mensilmente adeguava salari e stipendi al costo della vita sostituito da un nuovo indice definito dall’Unione Europea, (IPCA), dal cui conteggio sono però escluse proprio le variazioni delle materie energetiche, gas e elettricità; contenimento degli aumenti in busta paga grazie alle politiche di austerità fatte proprie anche da Cgil, Cisl Uil.

 

Dopo la prima giornata di lotta e di mobilitazione del 3 ottobre, quando migliaia di bollette sono state bruciate in tutta Italia davanti alle aziende del gas e dell’energia e davanti alla Cassa Depositi e Prestiti che, per conto dello Stato, è azionista delle maggiori aziende nazionali come Eni, Italgas, Snam, la USB chiama lavoratori e famiglie ad una nuova giornata di mobilitazione, lotta, scioperi da realizzarsi nei quartieri, nelle fabbriche e negli uffici contro l’aumento delle bollette e del carovita, per difendere i salari e gli stipendi dall’inflazione, perché la loro crisi e le loro guerre noi non le paghiamo.

 

GIÙ LE ARMI SU I SALARI

IL 12 OTTOBRE GIORNATA NAZIONALE DI MOBILITAZIONE 

LAVORO E DIRITTI 

 

06/10/2022

da Unione Sindacale di Base

 

L'Istat certifica il disastro economico di lavoratori e famiglie, ma per Landini “Ok, il prezzo è giusto!”

 

Nella sua rilevazione trimestrale l’Istituto centrale di statistica fornisce una fotografia esatta della situazione economica, che ciascuno di noi tocca con mano quotidianamente ormai da molti mesi. Il potere d'acquisto delle famiglie è diminuito ulteriormente, in maniera lieve soltanto grazie alla riduzione di 2,3 punti percentuali del tasso di risparmio. In pratica si sopravvive intaccando, pesantemente, il risparmio delle famiglie. La pressione fiscale è oggi al 42,4% il che significa che le buste paga subiscono una rapina pari a quasi la metà.

 

Contemporaneamente ARERA comunica che il prezzo del gas su cui saranno calcolati i consumi di ottobre sale a 183,40 euro al megawattora, in attesa del conguaglio che sarà effettuato sulle bollette di novembre e che prevedibilmente sottrarrà altre ingenti risorse alle famiglie.

 

A fronte di questi numeri, che arrivano a completare il quadro già drammatico del costo esorbitante della bolletta dell'energia elettrica, dal 1° ottobre rincarata del 60%, che ha portato alla straordinaria giornata di lotta nazionale di lunedì 3 ottobre, durante la quale in tantissime città sono state bruciate centinaia di bollette, non si vede alcun provvedimento a tutela delle famiglie e dei salari e degli stipendi dei lavoratori.

 

Anche la Cgil, che già si è detta disponibile al dialogo con il nuovo governo, così da accompagnare altre riforme favorevoli alle imprese, tiene un profilo che definire basso è un eufemismo. Nell’ultima intervista a Mezz'ora in + Landini ha scoperto le carte e avanzato una rivoluzionaria richiesta: rateizzare le bollette!

 

Di fronte ad una situazione drammatica determinata dalla speculazione sul prezzo del gas, di fronte a stanziamenti di centinaia di miliardi per sostenere l'Ucraina in guerra, di fronte ad un vero e proprio tesoro di extra profitti di ben 40 miliardi accantonato dalle aziende del comparto energetico, di fronte al fatto che queste aziende siano tutte partecipate dallo Stato o dagli enti locali, il coniglio dal cappello di Landini è rateizzare, cioè posporre di qualche settimana il pagamento di bollette stratosferiche senza quindi chiedere provvedimenti per abbatterne il costo. Insomma, per la Cgil “Ok, il prezzo è giusto”.

 

Sempre a Mezz'ora in + Landini ha invitato tutti sabato a Piazza San Giovanni a intervenire alla sua manifestazione, tra le cui parole d'ordine è scomparso “no al fascismo”. Sarà la manifestazione per certificare l’esistenza in vita di un burosauro, alieno ai bisogni e alle lotte di lavoratori e famiglie.

Pagine